[Rogue One] Tides
20/01/2018 11:20 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: Star Wars Rogue One
Titolo: Tides
Personaggi: Jyn Erso/Cassian Andor
Generi/Warnings: modern!AU, angst, nostalgico, sentimentale
Parole: 1326
Prompt: Cerimonia
Note: scritta per la prima settimana del CoW-T #8
La melodia delicata del violino raggiunge le sue orecchie in ritardo.
È un suono ovattato, o almeno così le pare all’inizio, quasi sgradevole e ci vuole un po’ perché il suo cervello inizi a distinguere le note, riconoscendole una ad una, identificandole e incamerandole con la consapevolezza tipica di chi ha suonato uno strumento per tanti anni.
Stringe i pugni e sente le unghie penetrarle leggermente nella carne dei palmi; non sa cosa la irriti di più, se il suono di per sé o il fatto che uno dei violini sia chiaramente rimasto indietro rispetto agli altri. È una melodia semplice da eseguire, non riuscire ad andare a tempo denota tutta l’inadeguatezza del violinista: chiaramente non è ancora pronto per suonare in pubblico.
Saw non avrebbe apprezzato.
Ma, in fondo Saw non avrebbe apprezzato molte cose, forse troppe. Prima di tutto avrebbe voluto che fosse lei a suonare a quel funerale, e non un gruppo di scappati di casa raccattati da una vecchia amica che non sentiva da almeno quindici anni.
Digrigna i denti, mentre si rende conto che è proprio l’ultima persona sul pianeta a poter parlare. Lei forse non sarebbe rimasta indietro con la melodia, ma sicuramente è rimasta indietro con la vita e il suono di quel violino, perennemente in ritardo, la fa pensare un po’ troppo alla sua situazione, alle scelte degli ultimi anni e quelle degli ultimi giorni.
Fissa con occhi vuoti il feretro di legno scuro, domandandosi di chi abbia anche solo potuto pensare che Saw avrebbe apprezzato: avrebbe detestato le decorazioni di ottone e la targa con quel nome troppo vistoso, troppo imponente. Per anni ha pensato di essere stata abbandonata, ma ora, con il senno di poi, dopo gli eventi degli ultimi anni, si è resa finalmente conto che è stata lei ad andarsene, a lasciare da solo quell’uomo che per lei era stato come un padre. Non è riuscita nemmeno a salutarlo un’ultima volta, non è riuscita a dirgli addio, quanto bene gli avesse voluto, quando fosse stato importante: come tutte le persone che hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua vita Saw si è dissolto come sabbia, scivolando tra le sue dita sottili, liberandosi dalla sua presa insicura.
«Non ti ricordavo il tipo da grandi sospiri» mormora una voce conosciuta, mentre qualcuno – che forse sarebbe stato meglio non incontrare – si siede al suo fianco. «Speravo di trovarti qui, Jyn» la sua voce è calda e gentile. È esattamente come la ricordava e non c’è niente di più doloroso che udirla di nuovo.
«Ciao Cassian».
«Ciao Jyn».
«Cosa» respira piano, cercando di trattenere le lacrime che improvvisamente sente pronte a scivolarle lungo le guance. Cassian è un’altra di quelle persone importanti che le sono scivolate tra le dite perché non è mai stata in grado di afferrare davvero ciò che più era importante per lei. «Cosa ci fai tu qui?»
Solleva piano gli occhi e lo osserva reclinare la schiena contro la spalliera della seduta. La barba è leggermente sfatta e gli circonda il mento in una cornice scura, i suoi occhi la fissano con gentilezza, piegati in una curva triste.
«So che non ci parliamo più» mormora, scandendo bene le parole, misurando il peso di ciascuna di loro cercando di non superare il confine immaginario che lui stesso ha tracciato nella sua testa «e non sono qui per darti fastidio. Ma quando ho sentito della morte di Saw, ho pensato che non avresti voluto affrontarla da sola».
Jyn si morde un labbro.
Vorrebbe stringersi le gambe al petto e scoppiare a piangere, ma è seduta su una scomodissima sedia di legno, in mezzo a una sala gremita di persone, con la maggior parte delle quali lei non vuole avere nulla a che fare.
Si domanda cosa abbia mai fatto per meritarsi questo, per meritarsi una persona come Cassian Andor nella sua vita, quindi si ricorda che lui nella sua vita non c’è più. Ancora una volta è stata lei a mettere un punto, a sbatterlo fuori e scappare via, ma in fondo in questo – a scappare – Jyn è sempre stata bravissima. Ogni volta che una relazione, un rapporto, un’amicizia iniziava a diventare tropo importante, a prendersi troppo di lei e a occupare troppo spazio nel suo cuore, ecco che l’orgogliosa, testarda, pavida Jyn Erso trovava un modo per mandare tutto a puttane.
Ci aveva provato anche con Cassian e fino a quel momento era stata convinta di esserci riuscita.
«So che odi questo genere di cose. Cioè, odi qualsiasi cerimonia, ma i funerali… beh, lasciamoli proprio perdere».
«Non sei cambiato» gli sussurra Jyn, incrociando i suoi occhi e sorridendo appena.
Cassian lo sa, quello è il suo modo per ringraziarlo e difficilmente riuscirà ad avere qualcosa di più, soprattutto durante una giornata simile in cui il cielo piange e il cuore di Jyn è spaccato in due.
«Avrei dovuto?»
«No, certo che no. Cambia già tutto troppo in fretta, è confortante sapere che almeno tu non cambi mai».
Cassian ride mestamente, avrebbe preferito essere una di quelle cose che invece cambiano; che girano con la marea e se ne vanno al largo riprendendo a respirare, riprendendo a vivere. Ma la verità, forse triste, forse scontata è che lui non è mai stato in grado di allontanarsi dal ricordo di Jyn.
Non è stato lui a lasciarla e avrebbe fatto qualsiasi cosa per riaverla indietro; ora, col senno di poi, si rende conto che in realtà, forse, è stato meglio così. Jyn non era pronta e probabilmente nemmeno lui; ma chi mai sarebbe potuto essere pronto a resistere a Jyn Erso?
Ora, dopo qualche anno si rende conto che sono cambiate molte cose, ma non i suoi sentimenti, non l’emozione che prova quando la vede, il tempore che gli scalda il petto ad ogni suo timido sorriso, il dolore lacerante che prova nel vedere riflessa nei suoi occhi quell’espressione di spiazzante abbandono e solitudine.
Cassian vorrebbe abbracciarla, ma si limita ad afferrare le dita della sua mano in silenzio, senza dire niente, perché è ben consapevole che qualsiasi parola in quel momento potrebbe spezzare il fragile equilibrio che si è così inaspettatamente venuto a creare tra loro.
È Jyn a rompere quel silenzio per prima, stringendo la sua mano con la stessa forza con la quale si sarebbe stretta a una boa nel mezzo dell’oceano in tempesta.
«Ha provato a contattarmi, sai? Prima della fine» mormora con voce spezzata, tuttavia non piange «Gli ho detto di no».
Cassian le stringe la mano a sua volta.
«Ha chiesto se potevamo vederci e gli ho detto di no».
Solleva il viso e i suoi occhi sono carichi di lacrime, pronte a precipitare; Cassian si manda al diavolo, quindi lascia andare la sua mano e l’attira a sé in un abbraccio. Jyn singhiozza, afferrando la sua giacca scura e stringendosi contro la sua spalla; in un’altra situazione, in un altro momento, si sarebbe tagliata le mani piuttosto che lasciarsi andare a quel modo. Ma suo padre è morto, di nuovo, e Cassian è tutto quello che le è rimasto.
Forse, una volta finita quella giornata, una volta a casa riuscirà a trovare il coraggio di chiamarlo, di dirgli grazie, di invitarlo a casa per un caffè. Cassian riderà, ricordando quella volta che Jyn ha bruciato la caffettiera e le dirà che forse è meglio se il caffè lo viene a fare lui, magari cucinerà anche un dolce, perché sa quanto le piacciono. Jyn gli dirà che non è necessario, ma dentro di sé continuerà a sperare che lo faccia lo stesso, per la cucina di Cassian è davvero una delle sue cose preferite al mondo, Cassian lo farà lo stesso. Perché è Jyn.
Forse, una volta finita quella giornata andrà tutto bene e le cose miglioreranno, per il momento entrambi si accontentano del conforto che riescono a trovare in quell’abbraccio.
Non lo sanno ancora, ma lo capiranno. Quello è l’ultimo regalo di Saw per sua figlia.
Titolo: Tides
Personaggi: Jyn Erso/Cassian Andor
Generi/Warnings: modern!AU, angst, nostalgico, sentimentale
Parole: 1326
Prompt: Cerimonia
Note: scritta per la prima settimana del CoW-T #8
Tides
La melodia delicata del violino raggiunge le sue orecchie in ritardo.
È un suono ovattato, o almeno così le pare all’inizio, quasi sgradevole e ci vuole un po’ perché il suo cervello inizi a distinguere le note, riconoscendole una ad una, identificandole e incamerandole con la consapevolezza tipica di chi ha suonato uno strumento per tanti anni.
Stringe i pugni e sente le unghie penetrarle leggermente nella carne dei palmi; non sa cosa la irriti di più, se il suono di per sé o il fatto che uno dei violini sia chiaramente rimasto indietro rispetto agli altri. È una melodia semplice da eseguire, non riuscire ad andare a tempo denota tutta l’inadeguatezza del violinista: chiaramente non è ancora pronto per suonare in pubblico.
Saw non avrebbe apprezzato.
Ma, in fondo Saw non avrebbe apprezzato molte cose, forse troppe. Prima di tutto avrebbe voluto che fosse lei a suonare a quel funerale, e non un gruppo di scappati di casa raccattati da una vecchia amica che non sentiva da almeno quindici anni.
Digrigna i denti, mentre si rende conto che è proprio l’ultima persona sul pianeta a poter parlare. Lei forse non sarebbe rimasta indietro con la melodia, ma sicuramente è rimasta indietro con la vita e il suono di quel violino, perennemente in ritardo, la fa pensare un po’ troppo alla sua situazione, alle scelte degli ultimi anni e quelle degli ultimi giorni.
Fissa con occhi vuoti il feretro di legno scuro, domandandosi di chi abbia anche solo potuto pensare che Saw avrebbe apprezzato: avrebbe detestato le decorazioni di ottone e la targa con quel nome troppo vistoso, troppo imponente. Per anni ha pensato di essere stata abbandonata, ma ora, con il senno di poi, dopo gli eventi degli ultimi anni, si è resa finalmente conto che è stata lei ad andarsene, a lasciare da solo quell’uomo che per lei era stato come un padre. Non è riuscita nemmeno a salutarlo un’ultima volta, non è riuscita a dirgli addio, quanto bene gli avesse voluto, quando fosse stato importante: come tutte le persone che hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua vita Saw si è dissolto come sabbia, scivolando tra le sue dita sottili, liberandosi dalla sua presa insicura.
«Non ti ricordavo il tipo da grandi sospiri» mormora una voce conosciuta, mentre qualcuno – che forse sarebbe stato meglio non incontrare – si siede al suo fianco. «Speravo di trovarti qui, Jyn» la sua voce è calda e gentile. È esattamente come la ricordava e non c’è niente di più doloroso che udirla di nuovo.
«Ciao Cassian».
«Ciao Jyn».
«Cosa» respira piano, cercando di trattenere le lacrime che improvvisamente sente pronte a scivolarle lungo le guance. Cassian è un’altra di quelle persone importanti che le sono scivolate tra le dite perché non è mai stata in grado di afferrare davvero ciò che più era importante per lei. «Cosa ci fai tu qui?»
Solleva piano gli occhi e lo osserva reclinare la schiena contro la spalliera della seduta. La barba è leggermente sfatta e gli circonda il mento in una cornice scura, i suoi occhi la fissano con gentilezza, piegati in una curva triste.
«So che non ci parliamo più» mormora, scandendo bene le parole, misurando il peso di ciascuna di loro cercando di non superare il confine immaginario che lui stesso ha tracciato nella sua testa «e non sono qui per darti fastidio. Ma quando ho sentito della morte di Saw, ho pensato che non avresti voluto affrontarla da sola».
Jyn si morde un labbro.
Vorrebbe stringersi le gambe al petto e scoppiare a piangere, ma è seduta su una scomodissima sedia di legno, in mezzo a una sala gremita di persone, con la maggior parte delle quali lei non vuole avere nulla a che fare.
Si domanda cosa abbia mai fatto per meritarsi questo, per meritarsi una persona come Cassian Andor nella sua vita, quindi si ricorda che lui nella sua vita non c’è più. Ancora una volta è stata lei a mettere un punto, a sbatterlo fuori e scappare via, ma in fondo in questo – a scappare – Jyn è sempre stata bravissima. Ogni volta che una relazione, un rapporto, un’amicizia iniziava a diventare tropo importante, a prendersi troppo di lei e a occupare troppo spazio nel suo cuore, ecco che l’orgogliosa, testarda, pavida Jyn Erso trovava un modo per mandare tutto a puttane.
Ci aveva provato anche con Cassian e fino a quel momento era stata convinta di esserci riuscita.
«So che odi questo genere di cose. Cioè, odi qualsiasi cerimonia, ma i funerali… beh, lasciamoli proprio perdere».
«Non sei cambiato» gli sussurra Jyn, incrociando i suoi occhi e sorridendo appena.
Cassian lo sa, quello è il suo modo per ringraziarlo e difficilmente riuscirà ad avere qualcosa di più, soprattutto durante una giornata simile in cui il cielo piange e il cuore di Jyn è spaccato in due.
«Avrei dovuto?»
«No, certo che no. Cambia già tutto troppo in fretta, è confortante sapere che almeno tu non cambi mai».
Cassian ride mestamente, avrebbe preferito essere una di quelle cose che invece cambiano; che girano con la marea e se ne vanno al largo riprendendo a respirare, riprendendo a vivere. Ma la verità, forse triste, forse scontata è che lui non è mai stato in grado di allontanarsi dal ricordo di Jyn.
Non è stato lui a lasciarla e avrebbe fatto qualsiasi cosa per riaverla indietro; ora, col senno di poi, si rende conto che in realtà, forse, è stato meglio così. Jyn non era pronta e probabilmente nemmeno lui; ma chi mai sarebbe potuto essere pronto a resistere a Jyn Erso?
Ora, dopo qualche anno si rende conto che sono cambiate molte cose, ma non i suoi sentimenti, non l’emozione che prova quando la vede, il tempore che gli scalda il petto ad ogni suo timido sorriso, il dolore lacerante che prova nel vedere riflessa nei suoi occhi quell’espressione di spiazzante abbandono e solitudine.
Cassian vorrebbe abbracciarla, ma si limita ad afferrare le dita della sua mano in silenzio, senza dire niente, perché è ben consapevole che qualsiasi parola in quel momento potrebbe spezzare il fragile equilibrio che si è così inaspettatamente venuto a creare tra loro.
È Jyn a rompere quel silenzio per prima, stringendo la sua mano con la stessa forza con la quale si sarebbe stretta a una boa nel mezzo dell’oceano in tempesta.
«Ha provato a contattarmi, sai? Prima della fine» mormora con voce spezzata, tuttavia non piange «Gli ho detto di no».
Cassian le stringe la mano a sua volta.
«Ha chiesto se potevamo vederci e gli ho detto di no».
Solleva il viso e i suoi occhi sono carichi di lacrime, pronte a precipitare; Cassian si manda al diavolo, quindi lascia andare la sua mano e l’attira a sé in un abbraccio. Jyn singhiozza, afferrando la sua giacca scura e stringendosi contro la sua spalla; in un’altra situazione, in un altro momento, si sarebbe tagliata le mani piuttosto che lasciarsi andare a quel modo. Ma suo padre è morto, di nuovo, e Cassian è tutto quello che le è rimasto.
Forse, una volta finita quella giornata, una volta a casa riuscirà a trovare il coraggio di chiamarlo, di dirgli grazie, di invitarlo a casa per un caffè. Cassian riderà, ricordando quella volta che Jyn ha bruciato la caffettiera e le dirà che forse è meglio se il caffè lo viene a fare lui, magari cucinerà anche un dolce, perché sa quanto le piacciono. Jyn gli dirà che non è necessario, ma dentro di sé continuerà a sperare che lo faccia lo stesso, per la cucina di Cassian è davvero una delle sue cose preferite al mondo, Cassian lo farà lo stesso. Perché è Jyn.
Forse, una volta finita quella giornata andrà tutto bene e le cose miglioreranno, per il momento entrambi si accontentano del conforto che riescono a trovare in quell’abbraccio.
Non lo sanno ancora, ma lo capiranno. Quello è l’ultimo regalo di Saw per sua figlia.