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Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona

Titolo: Sometimes a hard choice is better than not choosing at all

Fandom: Originale (Ocean High! Verse)

Genere: slice of life, highschool, teenage drama

Warning: human!AU, modern!AU, highschool!AU

Rating: sfw

Parole: 4044

Prompt: Mare

/precedente/

Le sue mani sottili si stringono attorno al volante, mentre sente il trucco colare lungo alle guance assieme alle lacrime. Quando la portiera del passeggero si apre e si richiude con un tonfo leggero, Onda non solleva nemmeno lo sguardo: non le importa chi sia, non le importa di essere vista così, in realtà non le importa di niente.

Una mano scura va ad accarezzare la sua, con una dolcezza quasi inaspettata e, quando la ragazza solleva il viso, Abessee sorride, tendendole un fazzoletto.

«Ti accompagno a casa, principessa».

«Non ci voglio andare a casa» mormora Onda, senza fargli notare quanto odi essere chiamata con quello stupido nomignolo.

«Meno male che non ho specificato quale casa» risponde Abe, riaprendo la portiera e invitandola a scambiarsi di posto.

La ragazza rimane in silenzio per tutto il tragitto, senza mai smettere di piangere; fissa con sguardo appannato il paesaggio, reso irriconoscibile dal velo di lacrime che non riesce a ricacciare indietro, e tiene le ginocchia piegate strette al petto. Normalmente non sporcherebbe mai i sedili di pelle della macchina tenendoci sopra le scarpe, ma in quel momento non le potrebbe importare di meno, e comunque la suola di un paio di ballerine non può essere così sporca, pensa distrattamente.

Fanculo i sedili.

«Ti ho mai detto che i miei hanno una casa sulla spiaggia a una mezz’ora da Laguna Bay?»

Scuote il capo, no, non gliel’ha mai detto; non che sia strano, Abe non è mai stato un ragazzo di molte parole, a pensarci bene lei è una delle poche persone con cui effettivamente comunica in qualche modo.

«Nessuno sa niente di te» dice tirando su col naso.

«Beh, probabilmente perché della gente non mi importa un fico secco» borbotta in risposta, imboccando una stradina sterrata «E comunque non essere scortese, con te parlo, anche con Mare».

«E con altre credo quattro persone in tutta la scuola».

«Non che tu sia da meno, principessa. Parli con chi? Tuo fratello, le tue Alghette e poi? Cozza, forse. Con tutti gli altri è una magnifica facciata di buone maniere e sorrisi tirati».

«Parlo anche con te» mormora Onda, ma la sua non è una giustificazione, quanto più un evidenziare un dato di fatto «Ma non per molto, se continuerai a chiamarmi così».

«E apprezzo il tuo sarcasmo pungente più di chiunque altro».

La macchina si ferma davanti a una villetta a due piani dall’aspetto modesto, ma elegante, e quando Onda esce dal veicolo la prima cosa che percepisce è il profumo di salsedine portato dal vento.

«Un altro tipo di mare, meno stressante» commenta Abessee aprendo la porta di casa e invitandola a entrare.

La ragazza si guarda in giro, non è mai stata a casa di Abe prima, nemmeno in quella a Laguna Bay, figurarsi se si sarebbe aspettata di finire fino lì; si muove con circospezione, cercando di non toccare niente, ma quando il giovane la invita ad accomodarsi, va a sedersi sul largo piano che percorre tutto l’erker rettangolare. La finestra si affaccia sullo strapiombo che dà sul mare e la luce illumina l’ambiente penetrando dalle ampie vetrate.

«Sei rigida come una scopa, non ho intenzione di saltarti addosso» borbotta il padrone di casa avvicinandosi e porgendole una tazza di tè «Senza contare che non credo di essere il tuo tipo».

Ondine arrossisce e distoglie lo sguardo, fa scivolare delicatamente le ballerine sul pavimento e tira le gambe sul materasso celeste che copre la pesante cassapanca di legno bianca; le piacciono le finestre a golfo, si sporgono verso l’esterno e trasmettono la stessa curiosa sensazione di un abbraccio da parte della casa.

«Come l’hai capito?»

«Chiunque l’avrebbe capito, chiunque con un po’ di cervello, intendo. Con tutte le attenzioni che le dedichi mi chiedo come abbia fatto Cozza a non accorgersene».

«Miti è un po’ ottusa su queste cose… ma in ogni caso non è colpa sua. Non gliel’ho mai detto».

Abessee si siede di fronte a lei, ma non dice niente, fissandola appena.

«Non so nemmeno se Mare lo sappia, che non seguo la corrente, intendo, ma ho sempre odiato parlarne e lui… Beh, lui è sempre stato presente e in parte credevo fosse ovvio, quando mi sono resa conto che non lo era, non ero pronta per parlarne. Lo sa solo mia cugina, Cate».

«Pensavo che Al e Gal lo sapessero, nel senso, da come ti guardano».

Ondine sorride appena e finalmente si volta a guardarlo: «No, per carità, non riuscirei più a liberarmi delle loro avances».

Si interrompe per qualche secondo, fissando il fumo che sale in volute leggere dalla sua tazza; fa caldo fuori e il tè è decisamente fuori stagione, ma non importa, la ceramica bollente tra le mani è una presenza confortante, conosciuta, e la fa sentire almeno un po’ più leggera.

«Ti prego, non dirlo a nessuno».

Abessee la guarda e sorride mestamente.

«Sai come mi chiamano a scuola?»

«Principe d’Egitto? Credo che sia per via della tua carnagione».

«L’altro giorno ho sentito una matricola chiamarmi “bel misterioso”, capisci?»

«E la puoi biasimare? Non parli quasi mai, stai quasi sempre per i fatti tuoi e non dai spazio a nessuno» gli fa notare la ragazza.

«Non so se hai notato» borbotta Abessee voltando il capo e fissando fuori dalla finestra e arrossendo appena (ed è difficile da notare su una carnagione scura come la sua) «Ma non ho un grande filtro tra il cervello e la bocca».

«Non è un buon motivo per tenere tutti alla larga, e comunque il tuo cinismo non è fastidioso, non per me».

«Non è il cinismo, è che tutte ‘ste ragazzine che voglio qualcosa da me… Io non so come dirglielo che non posso darglielo».

«Se mi dici che sei gay anche tu sappi che non ci crederò».

«No, nel senso, non mi interessa nessuno, a prescindere dal genere».

«Cristo santo, Abe, tutto questo casino per dirmi “Mi dispiace, ti capisco perché sono Ace”?»

«E aromantic».

Ondine sbatte leggermente le palpebre, quindi scoppia a ridere e appoggia il té sul tavolino di fianco al divano.

«E quindi quando lo hai realizzato hai deciso che non dovevi più parlare con nessuno?»

«Non è facile da spiegare».

«Lo so, ma Ace- Abe, credo proprio che una ragazza interessata riuscirebbe a capire. E comunque per come ti conosco non sei assolutamente quel genere di persona che fugge dal contatto fisico».

«No, ma non è facile da spiegare».

«Non ne devi parlare per forza» sorride Onda, avvicinandoci e abbracciandolo, infilando il capo nell’incavo del suo collo «Grazie per avermelo detto».

«Un segreto per un segreto» borbotta abbracciandola a sua volta e tirandosela in braccio.

«Mi stai usando per colmare le tue carenze affettive?» ride la ragazza, che finalmente comincia a sentirsi meglio.

Abessee annuisce, quindi dopo una manciata di secondi trascorsi a fissare il mare oltre la finestra se ne esce con l’idea migliore che Ondine abbia sentito negli ultimi tempi (beh, forse seconda solo alla proposta di sua cugina di attraversare due stati per andare al concerto di Florence).

«Credo di avere appena avuto un’illuminazione».

«Hai deciso di farti prete?»

«Nemmeno tra un milione di anni, sarebbe un spreco, sono troppo bello per farmi prete. Però pensavo, tutti credono già che stiamo insieme, tu non vuoi che si sappia che sei lesbica, io non ho interesse che nessuno ci provi con me...»

«Oh».

«Già»

«Geniale» esclama Ondine, saltando in piedi «Sei un genio».

«Non fare quella faccia stupita, come se non te ne fossi mai accorta. E comunque è solo logico che il ragazzo più bello della scuola stia con la ragazza più bella della scuola».

«Anche se solo per finta».

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