Saint Seiya, Procedere per tentativi
24/02/2016 09:35 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: Saint Seiya
Ship: Saori/Julian
Parole: 1405
Prompt di piscina di prompt (credo): Saint Seiya, Julian/Saori, « Se vuoi chiedermi di nuovo di sposarti potresti almeno essere un po' più originale »
Prompt Cow-T: acqua
Nota: Scritta una vita fa e ora tornata utile per il Cow-T, si pone idealmente in uno stesso universo di Quando l'ultimo pezzo di intonaco cadde, lui era già partito.
Procedere per tentativi.
La banda di mariachi aveva iniziato a suonare da soli due minuti e già Ikki meditava di ammazzarli tutti, sarebbe stato veloce e silenzioso e avrebbe nascosto i loro cadaveri nella dodicesima casa, sotto il roseto. Nessuno li avrebbe più ritrovati.
La mano calda di Saori si posò sulla sua spalla, la giovane sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, un misto di irritazione e divertimento.
«Lascia perdere» gli disse «Ci penso io».
Il cavaliere della fenice fece spallucce, sentendosi libero di andare via: «Milady, se ha bisogno per far sparire i corpi, basta che chiami».
La giovane sorrise debolmente, consapevole che in questa situazione ci si era ficcata da sola.
Erano cinque anni che andavano avanti così. Le prime avances di Julian erano state dettate da motivazioni puramente materiali: unione di imperi economici, conquista del mondo, cose da tutti i giorni. Ma da quando era tornata, dopo la battaglia contro Ade, il giovane si era fatto una presenza costante nella sua vita e, tra incontri di lavoro, feste in società e inviti a cena, avevano imparato a conoscersi.
Quello che Saori – e non Atena – non era ancora riuscita a capire era come Julian – e non Poseidone – potesse essersi veramente affezionato a lei, sapeva di essere dispotica e poco incline ad ascoltare gli altri e sperava che la somma dei suoi difetti sarebbe stata sufficiente a farlo desistere e andare via: mera illusione.
Ogni anno, e se Julian era particolarmente ispirato anche ogni sei mesi, il giovane la invitava fuori a cena e le chiedeva di sposarlo. Fino a quel momento le aveva offerto cinque anelli con diamante incastonato, due ville e un dodici metri, tutti doni che lei aveva gentilmente rifiutato. L’ultima volta che si erano visti a cena era stato due settimane prima, dopo una settimana di lavoro estenuante e di viaggi in giro per la Grecia; Saori si era catapultata al ristorante senza avere nemmeno avuto il tempo di passare a casa a cambiarsi, con ancora il tailleur rosa confetto che aveva indossato per tutta la giornata, il trucco leggermente sbavato e una buona dose di nervoso addosso.
Quando erano arrivati al dolce e Julian aveva iniziato a farsi melenso la sua pazienza era andata del tutto a farsi benedire – probabilmente lavorare a stretto contatto con Ikki e Shaina non le faceva bene – così si era morsa la lingua ingoiando una rispostaccia e gli aveva detto, ancora prima che lui facesse qualsiasi proposta: «Se vuoi chiedermi di nuovo di sposarti potresti almeno essere un po' più originale».
L’amico l’aveva guardata, sgranando gli occhi, poi era scoppiato a ridere, divertito da quel repentino sbalzo d’umore, quindi aveva agitato la mano davanti al viso rassicurandola che non aveva di quelle intenzioni – non quella sera almeno.
Ora, a distanza di due settimane, davanti a un coro di mariachi, molto probabilmente ubriachi, che cantavano “Te quiero, mi amor”, Saori cominciava a pensare che forse avrebbe dovuto imparare a stare zitta; dove li aveva trovati, poi, dei mariachi in Grecia? Quello spostato sarebbe stato capace di andarli a prendere direttamente in Messico (e che poi fosse effettivamente accaduto lei non lo sapeva ancora).
«Buongiorno, Saori» celiò il mentecatto in questione facendosi strada in mezzo alla calca dei musicisti con un bouquet di fiori in mano «Ho pensato che il tempio fosse un po’ silenzioso in questa fase di ricostruzione e quindi sono venuto ad allietarti la giornata».
La giovane roteò gli occhi.
«Oh, immagino che ne saranno tutti entusiasti, è un intrattenimento… originale, direi» rispose fissando perplessa il capo della banda che si era messo a ballare su una gamba sola gridando “ai, ai, ai, ai, ai”.
«Avevo pensato ad un quartetto d’archi, ma poi tu hai detto che non ero abbastanza originale e quindi mi sono fatto consigliare da Seiya» il giovane stava osservando la stessa scenetta imbarazzante che aveva così tanto attirato l’attenzione di Saori «Qualcosa ora mi dice che non avrei dovuto».
All’ennesimo acuto del musicante videro un’ombra blu precipitarsi giù dalle scale del tempio.
«Adesso basta, però» esclamò Ikki facendo fumo anche dalle orecchie «Se non li cacciate voi, ci penso io! Forza» borbottò il giovane alla banda sbandata spingendoli verso la strada da cui erano arrivati «Fuori dalle palle, fora da los pallas, via dalle bolas, lontano da les pelotas! Sparite, prima che vi ammazzi tutti!»
I messicani più meno capirono il concetto, di sicuro non grazie allo spagnolo stentato di Ikki, quanto più grazie ad un’occhiata di congedo di Julian, e, facendo spallucce, tornarono da dov’erano venuti, senza ovviamente smettere di suonare.
Il cavaliere della fenice si girò come una furia verso quello che considerava poco più di un gatto attaccato ai coglioni e con fare molto poco amichevole gli lanciò uno sguardo che avrebbe gelato l’inferno, gli prese i fiori dalle mani e ritornò verso il tempio.
«Ma che gli ho fatto?» si lamentò l’erede multimiliardario della famiglia Solo.
«Oltre ad averlo svegliato nel mezzo del riposino pomeridiano? Niente, direi. Sai che i miei cavalieri sono sempre un po’… protettivi. Non sono esattamente tuoi fan» non si prese la briga di dirgli che forse l’avere cercato di ucciderli tutti cinque anni prima per conquistare il mondo aveva contribuito a non lasciare su di loro una buona impressione.
«Vorrei chiederti perché a vent’anni i tuoi cavalieri si mettono a dormire alle due del pomeriggio, ma non lo farò. Ti va invece di venire con me a vedere il mare? Devo farmi perdonare di questo concerto stonato» Julian la guardò con i suoi occhi celesti e la fece un sorriso sghembo, uno di quei sorrisi sornioni a cui Saori non sapeva di dire di no, così accettò e dopo avere preso il suo braccio si diresse con lui verso la scogliera.
Seduti sul bordo dello strapiombo guardavano il mare, una brezza leggera saliva dal basso portando con sé un po’ di frescura. Dalla loro posizione privilegiata riuscivano a vedere le onde infrangersi sugli scogli, parecchi metri sotto le loro gambe sospese nel vuoto; insieme alla spuma ogni tanto si intravedeva anche qualche pesciolino che, intrappolato dalla corrente, si sottraeva all’urto all’ultimo minuto con un veloce agitare di pinne.
Saori era appoggiata a terra con i gomiti, il viso era reclinato all’indietro, sentiva il calore del sole sulla pelle candida e percepiva l’odore salmastro del mare, il rumore monotono e cullante della risacca pareva invitarla a rilassarsi e a dimenticare i problemi che l’aspettavano a casa.
«Saori» la voce gentile di Julian la riscosse dai suoi pensieri, tuttavia non aprì gli occhi, sapeva che in realtà l’amico non la stava guardando troppo impegnato ad ammirare il mare «Mi dispiace, ma oggi non ho portato regali».
La giovane rise e si mise a sedere.
«Meglio così, non trovi?» disse appoggiandogli una mano sulla spalla «Almeno oggi non devo restituirti niente».
Un sorriso mesto increspò le labbra del ragazzo mentre si girava a guardarla, Saori lo fissava, appoggiata con il capo sulla sua spalla.
«Così mi uccidi, però. Almeno lascia che ti faccia la proposta prima, non credi?»
«Quante volte ancora? Andiamo Julian, non è il caso di smetterla?»
Questa volta fu lui a ridere, ma era una risata vera, come raramente Saori ne aveva udite.
«Smetterò, certo» le rispose girandosi verso di lei «ma solo quando mi avrai detto di sì».
Fu questione di pochi secondi, avvicinò il suo viso così velocemente che Saori non si rese conto di cosa stava per accadere finché, effettivamente, lui non la baciò. Non durò più di due secondi, Julian aveva solo appoggiato le sue labbra su quelle della ragazza e poi si era ritratto.
«Questo sarà più difficile da restituire».
La vide arrossire poi sentì uno scappellotto sulla sommità del capo, chiuse gli occhi per qualche secondo, in attesa di un vero ceffone, ma sentì solo la voce di Saori: «Col cavolo che te lo restituisco questo, anzi, sai cosa? Te lo scordi che rimanga ancora seduta così vicina a te».
La vide scivolare delicatamente lungo il bordo della scogliera e scoppiò a ridere, pensando che, dopotutto, ne era valsa la pena.
«Anche se» riprese lei dopo qualche secondo, lo sguardo fisso verso il mare «Apprezzo chi non si arrende mai».
Julian sorrise e gli sembrò che anche Saori stesse sorridendo, sebbene non fosse in grado di vederle il volto, coperto dai capelli.
La prossima volta.
La prossima volte avrebbe tentato ancora e, forse, lei avrebbe detto di sì.