[Frozen] varie
31/03/2019 08:26 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Hans/Anna, modern!AU, 513 parole
Primavera –
I fiori sono sbocciati prima del previsto.
Petali colorati scivolano leggeri dai rami degli alberi, depositandosi con grazia tra i capelli di Anna. La giovane ridacchia, cercando di scostarli con un movimento del capo, invano.
«Veni qui» borbotta il suo accompagnatore, passandole una mano tra i capelli.
«Grazie» cinguetta Anna, arrossendo appena.
È il loro primo appuntamento e ogni gesto, ogni sorriso che Hans le rivolge, Anna sente l’imbarazzo salire esponenzialmente. Ancora non riesce a crederci che il ragazzo più carino dell’intero campus universitario abbia chiesto proprio a lei – la persona che il primo giorno di corso ha quasi dato fuoco alla biblioteca, di uscire con lui. Né riesce a credere che siano riusciti a organizzare quell’appuntamento proprio durante il primo giorno di primavera.
Insomma, ci sono state una serie di circostanze strane quell’anno e ha fatto più caldo del solito, così gli alberi sono fioriti prima e ora è un tripudio di colori, di foglie verdi e di uccelli che cinguettano e Anna non ci può credere perché questo è il suo periodo dell’anno preferito, ed è davvero tutto perfetto.
«Quindi cosa ti piace fare nel tempo libero?» gli domanda, senza davvero aspettare che le risponda «Perché io adoro il cinema, e stare all'aria aperta, ah! E andare a cavallo, fare passeggiate, mi piace molto il mare, ma anche la montagna, e mi piacciono un sacco i negozi di arredamento e le librerie! Adoro leggere, non che io sia una persona timida, ecco, però leggere è rilassante, certo non quanto stare con e persone, ma dipende sempre che persone».
Si blocca di colpo.
«Sto parlando troppo, vero? Mi capita quando sono nervosa, scusami»
Hans sorride appena, si passa un dito sotto il naso e sorride.
«Non preoccuparti, mi piace il tuo entusiasmo. È... raro oggigiorno vedere qualcuno così entusiasta».
«Probabilmente è quest'aria di primavera che mi mette di buon umore e mi fa venire voglia di parlare».
O forse sei tu, urla dentro di sè Anna, riuscendo a trattenersi a malapena.
«Ah già. La primavera» borbotta però Hans, con il tono di chi sta per dire qualcosa di molto poco carino «Che merda. Non fraintendermi, bellissimo tutto: belli gli uccellini, gli alberi verdi, i prati che non fanno più schifo, belli anche i fiori. Tutto bello: colori, odori, il tepore. E poi c'è lui: il polline del cazzo. Immagino che tu non sia allergica, spero che tu non sia allergica. Ti si infila su per il naso e inizi a sternutire senza fermarti e sembri uno psicopatico che non sa vivere, ma la verità è che sai vivere però non sai più respirare».
Anna scoppia a ridere.
«Anche tu parli tanto» mormora, sorridendogli entusiasta.
«Sì, beh mi capita quanto un argomento mi appassiona, o lo odio ferventemente» Hans scoppia a ridere e si passa una mano tra i capelli, quindi si gira verso di lei e sorride «Oppure quando sono con qualcuno che mi stimola e mi fa sentire a mio agio».
Anna arrossisce appena.
«E in questo caso, la ragione quale sarebbe?» domanda titubante.
«Hai una primavera intera per scoprirlo».
Hans/Anna, regency!AU, 540 parole
Estate –
Nell’estate c’è una leggerezza che le altre stagioni non hanno.
L’afa sottile appiccica il lenzuolo alle gambe nude della ragazza, mentre fuori dalla finestra un gruppo di grilli frinisce, nascosto nel buio del giardino; l’erba, prima verde brillante, inizia a seccarsi, cotta dall’arsura del sole, che durante le ore diurne non lascia spazio nemmeno a una nuvola, riempiendo le giornate di un caldo torrido.
È un mese che va avanti così, tra una granita ghiacciata e un pomeriggio sotto il porticato di casa, seduta sul dondolo a leggere pigramente un libro, sventolandosi con noia un ventaglio davanti alla faccia.
Anna sente di non potersi lamentare, eppure a tratti subentra quella voglia di cambiamento, che la vorrebbe vedere più attiva, più presa da attività che nel resto dell’anno non potrebbe svolgere. Si ripete che è normale che non faccia nulla, dopo tutto è in villeggiatura, come ogni signora della nobiltà Londinese. È stato suo marito, il baronetto Westergaard a spingerla a ritirarsi qualche mese a Lyme Regis, sostenendo che l’aria fresca del mare le avrebbe certamente giovato. E in ogni caso la stagione Londinese era oramai finita, niente più balli, niente più inviti; la maggior parte delle persone che conoscevano si erano spostate in campagna, per trascorrere qualche mese in tranquillità sfuggendo dall’afa della città.
Si rigira nel letto, allungando le gambe nude: è più caldo di quanto avesse previsto.
Sospira piano, attirando l’attenzione dell’uomo sdraiato accanto a lei.
«Va tutto bene?» domanda suo marito, allungando una mano a sfiorarle una spalla.
«Uhm, sì. Ho solo caldo» borbotta Anna, stropicciandosi gli occhi.
«Deduco quindi che abbracciarti non sia una soluzione» ride Hans, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio della consorte «Vuoi che chiami qualcuno per farti portare dell'acqua?»
«Non stare a disturbare nessuno» Anna scuote il capo, tirandosi a sedere.
La luce della luna filtra leggera dalla finestra, illuminando il pavimento di legno scuro; da lontano giunge il rumore della risacca, onde che si rincorrono e si affrettano a schiantarsi contro gli scogli in un'esplosione di spuma. Un refolo d'aria solleva la tenda troppo leggera e porta all'interno della stanza l'odore del sale.
«Pensavo» riflette Anna, illuminata dalla luna, la sua ombra si stagia nitida contro il muro bianco «Che il prossimo anno sarà tutto diverso».
Si accarezza la pancia e sorride piano.
Hans sorride a sua volta.
«Aspetta solo che lo sappia tua sorella».
«Ho provato a scriverle una missiva per dirglielo, ma non ha ricevuto risposta. Dovremo aspettare che torni dalla Francia» Anna scrolla le spalle «E comunque rimane sempre la tua famiglia, non capisco per quale motivo tu abbia insistito per non dirglielo».
Hans storce il naso e le fa cenno di tornare a sedersi a letto.
«Sai come sono fatti, cercherebbero di interferire in ogni momento della gravidanza, e della sua vita. Soprattutto mia madre, che già non ha visto di buon occhio questo matrimonio».
«Ma questo matrimonio è stato combinato da tua madre» gli fa notare Anna, appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Lo sai che è fuori di testa».
Anna sospira piano e si china a baciargli una tempia.
«Vedrai che presto nascerà il bambino e non avrai più il tempo di pensare alla tua vecchia famiglia perché sarai troppo preso a pensare a noi».
Hans/Anna, Il cavaliere d'Inverno!AU, 538 parole
Inverno –
La neve si posa leggera sui tetti delle case; per strada ne è caduta così tanta che nessuno si cura più di spostarla, non c’è tempo, né è una priorità. L’assedio della città di Leningrado continua ormai ininterrottamente da più di un anno e mezzo, e chi è rimasto in città ha perso tutto: non ha più una casa, non ha più una famiglia, non c’è più cibo. È rimasta solo la speranza, ma anche quella comincia a scarseggiare.
Anna si trascina lentamente, a fatica, per le strade gelate di Leningrado, striscia i piedi nelle logore scarpe piene di buchi e troppo grandi per lei: le ha imbottite con dei vecchi fogli di giornali mesi prima, ma ha poca importanza. È uscita per andare a cercare del cibo, una delle poche razioni rimaste, da portare a casa per dividerla con sua sorella.
Hanno fame, hanno freddo; mentre cammina, stringendo quel poco che è riuscita a trovare, si accorge che non sente quasi più le dita. Deve fare presto, si ripete, prima che la fatica pervada tutto il corpo e la blocchi lì, in mezzo alla strada, in mezzo alla guerra.
La pallida luce del sole si riflette sul ghiaccio; la superficie della Neva si è trasformata in una spessa lastra trasparente, alcuni, più temerari, hanno provato ad seguirla fino all’estuario - per scappare, dicevano loro - ma la maggior parte è morta congelata e chi invece ce l’ha fatto è stato preso dai Tedeschi e Anna non saprebbe proprio dire cosa sia peggio tra le due cose.
Ringrazia che Hans sia venuto a trovarle proprio il giorno prima, ha promesso loro - sia a lei che a Elsa, o forse più a Elsa che a lei, a questo punto non lo sa più, non ha più la forza per gestire questa storia - che le avrebbe fatte fuggire, che avrebbe trovato un modo per farle andare via, lontano dalla morte, lontano da quell’inverno senza fine, lontano dalla guerra.
Ripensa alla vita prima di tutto quello, a quella sera sulla cupola del Sant’Isacco, le uscite lungo il canale Obvodnyj, gli incontri fuori dalla kirov, la tenda a Luga, la stanza d'ospedale, alle passeggiate nelle notti bianche che avrebbe voluto che durassero per sempre, immersi nella luce opalescente dell’alba e del tramonto fusi insieme. Ricorda il loro primo incontro, quegli occhi fissi a guardarla, calmi, sorridenti; ricorda il sapore del gelato che stava mangiando, il suo vestito bianco a fiori, il tram di via Saltjkova-Scedrina. Ricorda anche che Hans è il fidanzato di sua sorella e che hanno messo un paletto, anzi, lei ha messo un cancello, ha iniziato a costruire un muro per proteggere sua sorella, per proteggere una relazione che non è la sua e ora quel muro la sta distruggendo, più di quanto non stiano facendo la fame e la guerra.
Sente che le manca il respiro, ma sa che deve andare avanti, che Elsa la aspetta a casa, che l’inverno è ancora lungo ed entrambe devono sopravvivere, il suo amore deve sopravvivere. Stringe i pugni e pensa ad Hans, e fa un altro passo, e poi uno ancora, finché finalmente non si chiude la porta alle spalle, si lascia cadere sul letto e scoppia a piangere.
Frozen, WWII!AU, 356 parole
Terra –
Quando le sirene prendono a suonare stanno bevendo il tè.
È uno di quei momenti in cui tutti tendono a dimenticarsi di essere in guerra. In quei giorni mancano tante cose, si sono privati di ogni piacere, quello che resta è un bicchiere di acqua sporca bevuto in compagnia, sotto un cielo da cui piovono bombe.
La tazzina di ceramica sbreccata viene abbandonata di fretta sul tavolo e Anna si chiede se al suo ritorno la troverà ancora lì o se invece non resteranno che i frammenti, piccole e impercettibili tra le macerie e la terra: dimenticata come ogni altra cosa rimasta indietro.
Scuote il capo e inizia a correre, seguendo sua sorella lungo la strada che porta al rifugio più vicino.
Ricorda una Londra diversa, una Londra capitale di un paese florido e in crescita: ricorda le sere trascorse a teatro, le fughe di nascosto dalla finestra di casa per andare a ballare con quei nuovi abiti e quelle musiche sconosciute provenienti dalle Americhe; ricorda i giovanotti ridere e scherzare, ricorda le mani guantate che la guidavano lungo la pista da ballo, i vestiti imperlinati e le risate. Ora è costretta a nascondersi sotto la città, sotto terra, tra i cunicoli della metropolitana, al buio, insieme a persone più impaurite e spaventate di lei.
Inciampa, ma si riprende subito, raggiungendo l’ingresso del rifugio. È l’ultima e la porta si chiude con un tonfo alle sue spalle.
Non ci vuole poi così tanto perché la terra inizi a tremare sopra la sua testa, le vibrazioni si propagano nel sottosuolo, amplificandosi; qualcuno scoppia a piangere, il gemito sommesso dei singhiozzi echeggia nella galleria. Dovrebbero esserci abituati, ma non è così; Anna si stringe nelle spalle, cercando con lo sguardo sua sorella, allontanatasi poco prima per andare a confortare il loro vicino di casa, rimasto vedovo qualche settimana prima.
«Andrà tutto bene» la sente dire, sommessamente «Non succederà nulla».
Si lascia cadere sul pavimento, stringendosi nella giacca logora e chiude gli occhi, ripetendosi quelle parole come un mantra: andrà tutto bene, andrà tutto bene, andrà tutto bene.
Forse, se ci crede a sufficienza, la terrà smetterà di tremare.
Frozen, Old West!AU, 335 parole
Metallo –
Il treno sfreccia lungo i binari, il tlatlack metallico degli ingranaggi riecheggia lungo le pareti del canyon mentre il sole caldo del mezzogiorno ne scalda la spessa lamiera.
Qualcuno dei passeggeri ha deciso di abbassare il finestrino per lasciar entrare un po’ d’aria e il vagone si è subito riempito di un sordo rumore di fondo. Hans Westergaard storce il naso, stizzito e fa cenno al suo segretario di richiudere il finestrino, non ha intenzione di assordarsi durante la traversata, nè di lasciar entrare la polvere rossa che si trova ovunque da quelle parti e che si attaccherebbe ai suoi vestiti scuri facendolo sembrare un selvaggio del west piuttosto che un distinto cittadino di una città elegante come Boston.
«Ci pensi Kristoff, la prima ferrovia transcontinentale. Un cavallo di metallo che sfreccia da un lato all’altro del nostro meraviglioso continente, rendendo possibile in una settimana un viaggio che normalmente verrebbe effettuato in sei mesi!» Hans Westergaard si alza in piedi e guarda fuori dal finestrino pieno di orgoglio.
«Dicono che però al momento i lavori siano bloccati».
«Ed è quello che stiamo andando a controllare, ovviamente. Guardi qua» accarezza con orgoglio il sedile foderato di velluto al quale è comodamente appoggiato «La compagnia sta facendo grossi investimenti per assicurarsi che tutto vada nel migliore dei modi, per essere certa che nessuna delle loro proprietà vada distrutta».
Fa cenno alle pistole legate alla cintura, quindi riprende a parlare.
«Avrai sicuramente avuto modo di sentire le voci sui selvaggi, quegli indiani, che bazzicano nei territori a Ovest. Trogloditi senza educazione, che credono ancora che questa sia la loro terra, spaventati dal progresso e terrorizzati dall'uomo bianco. Da quello che ci è stato riferito hanno provato a effettuare delle ritorsioni, degli attacchi alla ferrovia, sostenendo che il mostro di metallo calpesta il loro suolo sacro».
«E noi cosa dovremmo fare?» domanda il suo segretario, leggermente interdetto.
«Beh, il nostro obiettivo è ovviamente quello di farli ragionare».
«E se non dovessimo riuscirci?»
«In quel caso li riempiremo di piombo».
Primavera –
I fiori sono sbocciati prima del previsto.
Petali colorati scivolano leggeri dai rami degli alberi, depositandosi con grazia tra i capelli di Anna. La giovane ridacchia, cercando di scostarli con un movimento del capo, invano.
«Veni qui» borbotta il suo accompagnatore, passandole una mano tra i capelli.
«Grazie» cinguetta Anna, arrossendo appena.
È il loro primo appuntamento e ogni gesto, ogni sorriso che Hans le rivolge, Anna sente l’imbarazzo salire esponenzialmente. Ancora non riesce a crederci che il ragazzo più carino dell’intero campus universitario abbia chiesto proprio a lei – la persona che il primo giorno di corso ha quasi dato fuoco alla biblioteca, di uscire con lui. Né riesce a credere che siano riusciti a organizzare quell’appuntamento proprio durante il primo giorno di primavera.
Insomma, ci sono state una serie di circostanze strane quell’anno e ha fatto più caldo del solito, così gli alberi sono fioriti prima e ora è un tripudio di colori, di foglie verdi e di uccelli che cinguettano e Anna non ci può credere perché questo è il suo periodo dell’anno preferito, ed è davvero tutto perfetto.
«Quindi cosa ti piace fare nel tempo libero?» gli domanda, senza davvero aspettare che le risponda «Perché io adoro il cinema, e stare all'aria aperta, ah! E andare a cavallo, fare passeggiate, mi piace molto il mare, ma anche la montagna, e mi piacciono un sacco i negozi di arredamento e le librerie! Adoro leggere, non che io sia una persona timida, ecco, però leggere è rilassante, certo non quanto stare con e persone, ma dipende sempre che persone».
Si blocca di colpo.
«Sto parlando troppo, vero? Mi capita quando sono nervosa, scusami»
Hans sorride appena, si passa un dito sotto il naso e sorride.
«Non preoccuparti, mi piace il tuo entusiasmo. È... raro oggigiorno vedere qualcuno così entusiasta».
«Probabilmente è quest'aria di primavera che mi mette di buon umore e mi fa venire voglia di parlare».
O forse sei tu, urla dentro di sè Anna, riuscendo a trattenersi a malapena.
«Ah già. La primavera» borbotta però Hans, con il tono di chi sta per dire qualcosa di molto poco carino «Che merda. Non fraintendermi, bellissimo tutto: belli gli uccellini, gli alberi verdi, i prati che non fanno più schifo, belli anche i fiori. Tutto bello: colori, odori, il tepore. E poi c'è lui: il polline del cazzo. Immagino che tu non sia allergica, spero che tu non sia allergica. Ti si infila su per il naso e inizi a sternutire senza fermarti e sembri uno psicopatico che non sa vivere, ma la verità è che sai vivere però non sai più respirare».
Anna scoppia a ridere.
«Anche tu parli tanto» mormora, sorridendogli entusiasta.
«Sì, beh mi capita quanto un argomento mi appassiona, o lo odio ferventemente» Hans scoppia a ridere e si passa una mano tra i capelli, quindi si gira verso di lei e sorride «Oppure quando sono con qualcuno che mi stimola e mi fa sentire a mio agio».
Anna arrossisce appena.
«E in questo caso, la ragione quale sarebbe?» domanda titubante.
«Hai una primavera intera per scoprirlo».
Hans/Anna, regency!AU, 540 parole
Estate –
Nell’estate c’è una leggerezza che le altre stagioni non hanno.
L’afa sottile appiccica il lenzuolo alle gambe nude della ragazza, mentre fuori dalla finestra un gruppo di grilli frinisce, nascosto nel buio del giardino; l’erba, prima verde brillante, inizia a seccarsi, cotta dall’arsura del sole, che durante le ore diurne non lascia spazio nemmeno a una nuvola, riempiendo le giornate di un caldo torrido.
È un mese che va avanti così, tra una granita ghiacciata e un pomeriggio sotto il porticato di casa, seduta sul dondolo a leggere pigramente un libro, sventolandosi con noia un ventaglio davanti alla faccia.
Anna sente di non potersi lamentare, eppure a tratti subentra quella voglia di cambiamento, che la vorrebbe vedere più attiva, più presa da attività che nel resto dell’anno non potrebbe svolgere. Si ripete che è normale che non faccia nulla, dopo tutto è in villeggiatura, come ogni signora della nobiltà Londinese. È stato suo marito, il baronetto Westergaard a spingerla a ritirarsi qualche mese a Lyme Regis, sostenendo che l’aria fresca del mare le avrebbe certamente giovato. E in ogni caso la stagione Londinese era oramai finita, niente più balli, niente più inviti; la maggior parte delle persone che conoscevano si erano spostate in campagna, per trascorrere qualche mese in tranquillità sfuggendo dall’afa della città.
Si rigira nel letto, allungando le gambe nude: è più caldo di quanto avesse previsto.
Sospira piano, attirando l’attenzione dell’uomo sdraiato accanto a lei.
«Va tutto bene?» domanda suo marito, allungando una mano a sfiorarle una spalla.
«Uhm, sì. Ho solo caldo» borbotta Anna, stropicciandosi gli occhi.
«Deduco quindi che abbracciarti non sia una soluzione» ride Hans, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio della consorte «Vuoi che chiami qualcuno per farti portare dell'acqua?»
«Non stare a disturbare nessuno» Anna scuote il capo, tirandosi a sedere.
La luce della luna filtra leggera dalla finestra, illuminando il pavimento di legno scuro; da lontano giunge il rumore della risacca, onde che si rincorrono e si affrettano a schiantarsi contro gli scogli in un'esplosione di spuma. Un refolo d'aria solleva la tenda troppo leggera e porta all'interno della stanza l'odore del sale.
«Pensavo» riflette Anna, illuminata dalla luna, la sua ombra si stagia nitida contro il muro bianco «Che il prossimo anno sarà tutto diverso».
Si accarezza la pancia e sorride piano.
Hans sorride a sua volta.
«Aspetta solo che lo sappia tua sorella».
«Ho provato a scriverle una missiva per dirglielo, ma non ha ricevuto risposta. Dovremo aspettare che torni dalla Francia» Anna scrolla le spalle «E comunque rimane sempre la tua famiglia, non capisco per quale motivo tu abbia insistito per non dirglielo».
Hans storce il naso e le fa cenno di tornare a sedersi a letto.
«Sai come sono fatti, cercherebbero di interferire in ogni momento della gravidanza, e della sua vita. Soprattutto mia madre, che già non ha visto di buon occhio questo matrimonio».
«Ma questo matrimonio è stato combinato da tua madre» gli fa notare Anna, appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Lo sai che è fuori di testa».
Anna sospira piano e si china a baciargli una tempia.
«Vedrai che presto nascerà il bambino e non avrai più il tempo di pensare alla tua vecchia famiglia perché sarai troppo preso a pensare a noi».
Hans/Anna, Il cavaliere d'Inverno!AU, 538 parole
Inverno –
La neve si posa leggera sui tetti delle case; per strada ne è caduta così tanta che nessuno si cura più di spostarla, non c’è tempo, né è una priorità. L’assedio della città di Leningrado continua ormai ininterrottamente da più di un anno e mezzo, e chi è rimasto in città ha perso tutto: non ha più una casa, non ha più una famiglia, non c’è più cibo. È rimasta solo la speranza, ma anche quella comincia a scarseggiare.
Anna si trascina lentamente, a fatica, per le strade gelate di Leningrado, striscia i piedi nelle logore scarpe piene di buchi e troppo grandi per lei: le ha imbottite con dei vecchi fogli di giornali mesi prima, ma ha poca importanza. È uscita per andare a cercare del cibo, una delle poche razioni rimaste, da portare a casa per dividerla con sua sorella.
Hanno fame, hanno freddo; mentre cammina, stringendo quel poco che è riuscita a trovare, si accorge che non sente quasi più le dita. Deve fare presto, si ripete, prima che la fatica pervada tutto il corpo e la blocchi lì, in mezzo alla strada, in mezzo alla guerra.
La pallida luce del sole si riflette sul ghiaccio; la superficie della Neva si è trasformata in una spessa lastra trasparente, alcuni, più temerari, hanno provato ad seguirla fino all’estuario - per scappare, dicevano loro - ma la maggior parte è morta congelata e chi invece ce l’ha fatto è stato preso dai Tedeschi e Anna non saprebbe proprio dire cosa sia peggio tra le due cose.
Ringrazia che Hans sia venuto a trovarle proprio il giorno prima, ha promesso loro - sia a lei che a Elsa, o forse più a Elsa che a lei, a questo punto non lo sa più, non ha più la forza per gestire questa storia - che le avrebbe fatte fuggire, che avrebbe trovato un modo per farle andare via, lontano dalla morte, lontano da quell’inverno senza fine, lontano dalla guerra.
Ripensa alla vita prima di tutto quello, a quella sera sulla cupola del Sant’Isacco, le uscite lungo il canale Obvodnyj, gli incontri fuori dalla kirov, la tenda a Luga, la stanza d'ospedale, alle passeggiate nelle notti bianche che avrebbe voluto che durassero per sempre, immersi nella luce opalescente dell’alba e del tramonto fusi insieme. Ricorda il loro primo incontro, quegli occhi fissi a guardarla, calmi, sorridenti; ricorda il sapore del gelato che stava mangiando, il suo vestito bianco a fiori, il tram di via Saltjkova-Scedrina. Ricorda anche che Hans è il fidanzato di sua sorella e che hanno messo un paletto, anzi, lei ha messo un cancello, ha iniziato a costruire un muro per proteggere sua sorella, per proteggere una relazione che non è la sua e ora quel muro la sta distruggendo, più di quanto non stiano facendo la fame e la guerra.
Sente che le manca il respiro, ma sa che deve andare avanti, che Elsa la aspetta a casa, che l’inverno è ancora lungo ed entrambe devono sopravvivere, il suo amore deve sopravvivere. Stringe i pugni e pensa ad Hans, e fa un altro passo, e poi uno ancora, finché finalmente non si chiude la porta alle spalle, si lascia cadere sul letto e scoppia a piangere.
Frozen, WWII!AU, 356 parole
Terra –
Quando le sirene prendono a suonare stanno bevendo il tè.
È uno di quei momenti in cui tutti tendono a dimenticarsi di essere in guerra. In quei giorni mancano tante cose, si sono privati di ogni piacere, quello che resta è un bicchiere di acqua sporca bevuto in compagnia, sotto un cielo da cui piovono bombe.
La tazzina di ceramica sbreccata viene abbandonata di fretta sul tavolo e Anna si chiede se al suo ritorno la troverà ancora lì o se invece non resteranno che i frammenti, piccole e impercettibili tra le macerie e la terra: dimenticata come ogni altra cosa rimasta indietro.
Scuote il capo e inizia a correre, seguendo sua sorella lungo la strada che porta al rifugio più vicino.
Ricorda una Londra diversa, una Londra capitale di un paese florido e in crescita: ricorda le sere trascorse a teatro, le fughe di nascosto dalla finestra di casa per andare a ballare con quei nuovi abiti e quelle musiche sconosciute provenienti dalle Americhe; ricorda i giovanotti ridere e scherzare, ricorda le mani guantate che la guidavano lungo la pista da ballo, i vestiti imperlinati e le risate. Ora è costretta a nascondersi sotto la città, sotto terra, tra i cunicoli della metropolitana, al buio, insieme a persone più impaurite e spaventate di lei.
Inciampa, ma si riprende subito, raggiungendo l’ingresso del rifugio. È l’ultima e la porta si chiude con un tonfo alle sue spalle.
Non ci vuole poi così tanto perché la terra inizi a tremare sopra la sua testa, le vibrazioni si propagano nel sottosuolo, amplificandosi; qualcuno scoppia a piangere, il gemito sommesso dei singhiozzi echeggia nella galleria. Dovrebbero esserci abituati, ma non è così; Anna si stringe nelle spalle, cercando con lo sguardo sua sorella, allontanatasi poco prima per andare a confortare il loro vicino di casa, rimasto vedovo qualche settimana prima.
«Andrà tutto bene» la sente dire, sommessamente «Non succederà nulla».
Si lascia cadere sul pavimento, stringendosi nella giacca logora e chiude gli occhi, ripetendosi quelle parole come un mantra: andrà tutto bene, andrà tutto bene, andrà tutto bene.
Forse, se ci crede a sufficienza, la terrà smetterà di tremare.
Frozen, Old West!AU, 335 parole
Metallo –
Il treno sfreccia lungo i binari, il tlatlack metallico degli ingranaggi riecheggia lungo le pareti del canyon mentre il sole caldo del mezzogiorno ne scalda la spessa lamiera.
Qualcuno dei passeggeri ha deciso di abbassare il finestrino per lasciar entrare un po’ d’aria e il vagone si è subito riempito di un sordo rumore di fondo. Hans Westergaard storce il naso, stizzito e fa cenno al suo segretario di richiudere il finestrino, non ha intenzione di assordarsi durante la traversata, nè di lasciar entrare la polvere rossa che si trova ovunque da quelle parti e che si attaccherebbe ai suoi vestiti scuri facendolo sembrare un selvaggio del west piuttosto che un distinto cittadino di una città elegante come Boston.
«Ci pensi Kristoff, la prima ferrovia transcontinentale. Un cavallo di metallo che sfreccia da un lato all’altro del nostro meraviglioso continente, rendendo possibile in una settimana un viaggio che normalmente verrebbe effettuato in sei mesi!» Hans Westergaard si alza in piedi e guarda fuori dal finestrino pieno di orgoglio.
«Dicono che però al momento i lavori siano bloccati».
«Ed è quello che stiamo andando a controllare, ovviamente. Guardi qua» accarezza con orgoglio il sedile foderato di velluto al quale è comodamente appoggiato «La compagnia sta facendo grossi investimenti per assicurarsi che tutto vada nel migliore dei modi, per essere certa che nessuna delle loro proprietà vada distrutta».
Fa cenno alle pistole legate alla cintura, quindi riprende a parlare.
«Avrai sicuramente avuto modo di sentire le voci sui selvaggi, quegli indiani, che bazzicano nei territori a Ovest. Trogloditi senza educazione, che credono ancora che questa sia la loro terra, spaventati dal progresso e terrorizzati dall'uomo bianco. Da quello che ci è stato riferito hanno provato a effettuare delle ritorsioni, degli attacchi alla ferrovia, sostenendo che il mostro di metallo calpesta il loro suolo sacro».
«E noi cosa dovremmo fare?» domanda il suo segretario, leggermente interdetto.
«Beh, il nostro obiettivo è ovviamente quello di farli ragionare».
«E se non dovessimo riuscirci?»
«In quel caso li riempiremo di piombo».