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Autore: Alexiel Mihawk
Fandom: Rogue One | Star Wars
Parole: 3800
Prompt: What if?
Note: in realtà vorrei che questa fosse una storia a capitoli e quindi al momento posto solo questo primo capitolo introduttivo qui perché è perfetto per la M2 del CoW-T di questa settimana e il resto lo continuerò, non so, più avanti. Quando avrò tempo da dedicarci, perché in realtà questa storia senza titolo vorrebbe essere una lunga What if? che segue il canone, cosa sarebbe successo se Jyn e Cassian non fossero morti? Il titolo è ancora da scegliere quindi per ora sarà solo "what if?"

Prologo



Dormire, sognare, forse morire. Dietro alle palpebre chiuse solo lampi di luce e oscurità abbagliante.
«Quello che faccio lo faccio per proteggerti, Jyn, stellina».
Qualcuno la sta chiamando, forse è suo padre, forse è Cassian. Le voci si mescolano e si confondono nella sua testa, mentre rimbombano come eco lontane in un ripetersi di sussurri e parole intellegibili.
«Andrà tutto bene, Jyn, mi senti? Andrà tutto bene».
Gli immensi edifici di Coruscant, mura di metallo che tendono al cielo in un susseguirsi di palazzi e finestre e astronavi e la gente, così tanta gente; un piccolo appezzamento di terreno verde in un pianeta dimenticato, suo padre che sorride, sua madre che la chiama per nome, una lunga discesa nel buio. Tonfo sordo. Buio.

Il punto è che quando sei morto non dovresti provare dolore.
Il che è un po’ controsenso perché Jyn di dolore ne sente fin troppo; è come se l’intera superficie del suo corpo si fosse seccata e si trovasse ora in procinto di staccarsi e non sa bene come sia possibile, ma spera solo che quella sensazione cessi.
Aprire gli occhi è la cosa più faticosa che ricordi di avere fatto negli ultimi anni, anche se a pensarci bene non è che ricordi poi molto: suo padre, i piani della morte nera, Cassian, l’esplosione.
L’esplosione.
Improvvisamente si rende conto di essere viva e fare fatica non è mai stato così piacevole, così ben accetto come in quel momento. Ci vuole un attimo per mettere a fuoco, per capire dove si trovi e realizzare che la lastra grigia sopra di sé non è altro che il soffitto di una stanza e che il fastidio che sente sono le lenzuola sulla sua pelle irritata. Sbatte le palpebre a più riprese e cerca di muovere il capo per guardarsi attorno, ma il suo corpo non sembra volerle rispondere; fa per parlare, ma tutto quello che esce dalle sue labbra è un rantolo roco, il tono è quello di chi non ha parlato per troppo tempo e forse non sa nemmeno più bene come fare.
«Ehi, ehi, ehi. Non sforzarti, Jyn, aspetta» conosce quella voce, ma fatica a connetterla a un volto.
Quella che le si avvicina è un’ombra, una siluette nera in contrasto con la luce quasi abbagliante che entra da quella che Jyn immagina essere una finestra; è solo dopo qualche secondo che i contorni sfumati iniziano a prendere forma e il viso si trasforma assumendo finalmente dei tratti conosciuti.
«Bodhi» mormora piano, cercando di sorridere, vorrebbe allungare la mano, ma non ci riesce quindi si rassegna e cerca di formulare il pensiero che le passa per la testa da quando si è resa conto di essere ancora viva «Come?»
Il pilota trascina una sedia vicino alla sponda del letto e vi si accomoda, mentre nella sua testa cerca le parole. È diventato complicato radunare i pensieri in un discorso coerente, anche se le ferite del suo corpo sono in fase di guarigione, quelle dell’animo sono ancora fresche e a volte è come se nella sua mente ci fosse un vortice di pensieri, di idee, di concetti, ammassati l’uno sull’altro, in continuo movimento, pronti a incontrarsi e scontrarsi annullando la percezione della realtà. Ed è così difficile rispondere alle domande, anche a quelle più semplici.
«L’esplosione, su Scarif… Ecco, l’esplosione è partita dalla torre di trasmissione, il raggio ha colpito quella, non la superficie del pianeta e il vero problema è stata l’onda d’urto che si è propagata quando la torre è crollata. Non so dirti come abbia fatto a non venire spazzato via, ma quando mi sono svegliato e sono uscito l’arcipelago era irriconoscibile e non c’erano navi nel cielo. Ho attraversato la spiaggia e vi ho trovato e respiravate. Così ho cercato qualcosa che volasse ancora o una radio che potesse trasmettere un segnale e quando sono arrivati a prenderci ci hanno portato via».
Jyn non è certa che la dinamica del salvataggio le sia chiara, ma non ha importanza, forse non è del tutto chiaro nemmeno a Bodhi come abbiano fatto a sopravvivere, ma ci sono cose che nella vita vanno semplicemente accettate: salvarsi da un’esplosione procurata da un’arma di distruzione di massa è una di quelle.
«Cassian?»
«Oh, sta bene, cioè, non sta bene, ma è vivo. È stato in una di quelle vasche Bacta per due giorni, lui ha… ti ha fatto scudo, durante l’esplosione, con il suo corpo».
«Posso vederlo?»
«Non dovresti nemmeno parlare, hai abrasioni su gambe e braccia, sei rimasta svenuta così a lungo che pensavamo saresti caduta in coma, devi rimanere sotto i medicristalli Kadrilliani per altri due giorni prima di poter pensare di muoverti».
«Ma Cassian-»
«Cassian è in stato di coma farmacologico indotto in attesa che le ferite peggiori siano in fase di guarigione, finché non sarà fuori pericolo non credo lo sveglieranno. E anche tu dovresti riposare, Jyn».
Bodhi ha ragione e lei lo sa, non c’è niente che possa fare in questa situazione e anche solo tenere gli occhi aperti le costa energie che si accorge di non possedere. Sospira piano, ripensando all’esplosione su Scarif, alla luce abbagliante, le braccia di Cassian sulle sue spalle. Cassian. Il suo viso è l’ultima cosa che le passa davanti agli occhi prima di scivolare nel sonno
Nel sogno Galen e Lyra l’accolgono a casa; sua madre sorride e le accarezza i capelli, mentre con dolcezza le sussurra “La forza è con te, Jyn”. Galen le osserva e il suo sguardo trabocca di affetto: “Sono fiero di te, Stellina”. Tuo padre sarebbe fiero di te, Jyn.
«Cassian».
«Ehi, bentornata tra i vivi, come ti senti?» la voce squillante di Bodhi la accoglie al suo risveglio. La luce nella stanza è così intensa che per qualche istante non riesce a mettere a fuoco ed è solo dopo un po’ che si rende conto di qualcosa che non aveva notato l’ultima volta.
«Il tuo viso…»
«Oh, questo?» il pilota si passa la mano sul volto, segnato da profonde cicatrici, e per un breve istante le sue dita sfiorano l’orbita sinistra, vuota «Una granata nella nave, mi sono salvato solo perché all’ultimo son riuscito a gettarmi dentro il vano di carico, ma le schegge, beh, non sono riuscito a evitarle».
Il cuore di Jyn si stringe leggermente in una morsa, mentre si ferma a pensare come si deve essere sentito Bodhi nel svegliarsi in mezzo al campo di battaglia, senza un occhio, dolorante e ferito.
«Grazie» mormora piano «Per esserci venuto a prendere. Oh, i piani? I piani della morte nera?»
«Sono…beh, sono stati trasmessi al generale Raddus, e sappiamo che la Principessa Organa è riuscita a scappare portandoli con sé, ma non hanno certezza di dove siano esattamente».
«Oh, andiamo! Dopo tutto quello che abbiamo fatto!»
«Come hai detto tu, Jyn, è una speranza».
Annuisce, sa che ha ragione, ma non è sicura che sia abbastanza, dopo tutto quello che hanno fatto; si solleva faticosamente a sedere, scoprendo che questa volta il suo corpo le dà retta, sebbene non sia felice.
«Chi altro, chi altro si è salvato oltre a noi tre?»
«Mi dispiace» Bodhi abbassa lo sguardo come se fosse colpa sua, come se gli altri li avesse uccisi lui e non l’impero «Ho riportato quelli che siamo riusciti a trovare, ma per gli altri non c’è stato modo».
Jyn non sa cosa dire, non si aspettava di sopravvivere e dovrebbe essere grata per esserci riuscita, ma c’è una vocina dentro di lei che le ripete che non è giusto, che sarebbe dovuta morire anche lei; non che gli altri lo avrebbero voluto, Chirrut le avrebbe detto che era la volontà della forza, e Baze si sarebbe arrabbiato così tanto nel sentirglielo dire che probabilmente sarebbe stata costretta a nascondersi.
Scuote il capo, una ciocca di capelli le scivola davanti al viso e il suo primo pensiero è che le piacerebbe davvero farsi un bagno, il suo pensiero immediatamente successivo è Cassian.
«Bodhi, voglio vederlo».
Non serve nemmeno che specifichi di chi sta parlando, è chiaro ad entrambi e il pilota non ha cuore di dirle di no, sebbene la osservi con sguardo sconsolato.
«La dottoressa dice che non dovresti muoverti, il tuo corpo non è ancora guarito, non so nemmeno se tu sia in grado di reggerti in piedi».
«La dottoressa non è qui, aiutami ad alzarmi» e la sua voce non ammette repliche.
Bodhi non ci pensa nemmeno a contraddirla, oramai ha capito come funzionano le cose con lei, e non ha intenzione di incorrere nell’ira di Jyn o di beccarsi uno di quegli sguardi arrabbiati che sarebbero in grado di demolire le certezze di qualsiasi generale.
Le sue gambe sono più instabili di quanto pensasse, ma Jyn decide che non le importa; che se Cassian ha avuto la forza di farle da scudo con il suo corpo lei può anche trovare la forza di arrivare fino da lui. È il minimo che possa fare. Si appoggia alla spalla di Bodhi, facendo leva con tutta la forza che ha in corpo – quindi non molta – per non cadere.
«Spero sia vicino» borbotta, strappando un sorriso all’amico.
«Il suo letto è nella stanza affianco».
«Letto? Non avevi parlato di una vasca Bacta?»
«Sì, ma l’hanno spostato dopo due giorni, poi ieri sera ti sei addormentata di colpo e non ho avuto tempo di spiegarti meglio. Aspettano che si svegli da solo, prima di procedere con le operazioni».
«Le operazioni? Deve essere operato? Più di una volta?»
Jyn non ha ben chiaro in che condizioni si trovi Cassian, ma ad ogni passo sembra che il capitano sia messo peggio di quanto immaginasse e ad ogni passo spera di raggiungerlo più in fretta, spera che vada tutto bene, perché la sola idea che qualcosa possa andare storto e Cassian possa morire dopo essersi salvato per miracolo sarebbe troppo da sopportare.
«È fuori pericolo per ora» le spiega Bodhi, come leggendole nel pensiero «Ma… beh, vedrai non appena arriveremo nella sua stanza».

Cassian Andor è sempre stato un combattente.
La sua vita l’ha trascorsa così, tra uno scontro a fuoco e l’altro, tra una missione e la successiva, sempre pronto a scendere in battaglia e a impugnare un blaster. Ha accettato da tempo che per sopravvivere, per preservare quell’ideale di libertà che gli è così caro, debba sporcarsi le mani di sangue, venire meno alla persona che vorrebbe essere per diventare l’uomo di cui c’è bisogno in quel momento: un capitano, un compagno, un cecchino, una spia. Un ribelle.
La ribellione lo ha consumato poco a poco, lo ha plasmato, ha modellato il suo corpo e il suo carattere, fino a renderlo qualcuno che forse a non gli piace, ma che nonostante tutto cerca di aggrapparsi, ancora dopo anni, a un’ideale. Non ha importanza quanto i suoi superiori cerchino di spingerlo verso un abisso di oscurità, nel suo cuore Cassian ha accettato il compromesso, ha accettato di portare la morte in cambio della prospettiva di un futuro, e non si è mai arreso.
Certo, ci sono stati giorni, soprattutto nell’ultimo periodo, in cui si è ritrovato a mettere in discussione tutto ciò per cui ha lottato, ma chi non ha dubbi qualche volta?
In ogni caso Cassian Andor è un combattente e non ha intenzione di arrendersi adesso. Nemmeno quando la sua coscienza si trova estraniata dal mondo, in una sorta di limbo, come sospesa tra la vita e la morte; non che se ne renda conto, non in quel momento. È un riflesso del suo corpo, un corpo che non sa di essere morto per sei minuti e quaranta secondi durante il trasporto verso Yavin 4, e che non vuole arrendersi all’oblio per nessun motivo.
Ancora non lo sa, ma Jyn gli sarà per sempre riconoscente di non averla lasciata da sola, per non avere passivamente accettato che il suo cuore smettesse di battere.
Apre gli occhi disturbato dal rombo degli X-Wing in partenza e il suo primo pensiero, condizionato da anni trascorsi in combattimento, è di nascondersi, il secondo, subito successivo, che si trasforma faticosamente in parole è: «Che diavolo?»
La sua voce è roca ed il tono tanto basso che fatica quasi a sentirsi; sbatte le palpebre un paio di volte per abituare gli occhi alla luce accecante che filtra dalla finestra. Sorride appena nell’individuare la figura appoggiata al suo letto, una mano appoggiata sul suo braccio in una morsa gentile.
«Non siamo morti» mormora piano, sorridendole appena.
«No, no, non lo siamo» Jyn ride «Avrei dovuto immaginare che per risvegliarti sarebbe stato sufficiente portare il campo di battaglia accanto al tuo letto».
«O abbattere un’altra stazione di comunicazioni» ironizza Cassian, soffermandosi a osservare le bende sulle braccia dell’amica e il viso leggermente sofferente della ragazza «Come?»
«Bodhi».
«E gli X-Wing?»
«Oh, quelli. La principessa Organa è appena ritornata inseguita dalla Morte Nera. Quella cosa attaccherà tra… non so, un quarto d’ora? I piloti sono usciti all’attacco».
«I piani di tuo padre?»
«Sì. C’è un canale, una luce di scarico termico proprio sotto lo scarico principale, il condotto porta direttamente al reattore. Un colpo preciso e BOOM».
Cassian scoppia a ridere, scoprendo che qualsiasi movimento di provoca un dolore lancinante in tutto il corpo.
«Lo trovi divertente?»
«Beh, ammetterai che non capita tutti i giorni di essere il bersaglio della morte nera. Per la seconda volta».
«Idiota» borbotta Jyn, ma sta sorridendo. Gli tira un leggero pizzicotto sulla mano, Cassian sorride.
«Portami fuori, Jyn. Voglio vedere».
«Non puoi alzarti».
«Non importa, voglio vedere lo stesso. Per favore».
«Eri morto, Cassian. Sei rimasto per giorni in una vasca Bacta, avevi ustioni su tutto il corpo…»
La interrompe con un gesto della mano, ma Jyn non si ferma.
«Cassian» si interrompe piano, stringendogli la mano e l’uomo si rende conto dal suo tono che qualcosa non va e non se ne è ancora reso conto – come potrebbe quando non sente metà del suo corpo?
«Cosa?»
«Non esiste un modo carino per dirlo, quindi lo dirò e basta. Le tue gambe sono state schiacciate dai detriti trascinati dall’esplosione, la destra si è fratturata in più punti, ma la sinistra… Cassian la sinistra hanno dovuto amputarla».
Gli ci vuole un attimo per registrare la notizia, per capire cosa Jyn gli stia effettivamente dicendo. Si tira faticosamente a sedere e con una mano sposta di scatto la coperta e la sua gamba è lì, ma è una sola. Si ripete che è vivo, che è vivo ed è già tanto che sia vivo, che dovrebbe essere felice – e parzialmente lo è, ma registrare che dal ginocchio in già una delle se gambe si è trasformata in nulla, beh, non è esattamente immediato.
«Aiutami ad alzarmi» mormora piano, cercando di non pensarci, non adesso almeno. Dopo tutto la Morte Nera potrebbe spazzare via Yavin 4 da un momento all’altro e disperarsi per aver perso un arto può sempre aspettare, sempre che non muoiano tutti e in quel caso sarebbe stato tempo perso.
Si ricorda di essere stato addestrato per questo, che perdere un braccio o una gamba non significa smettere di combattere, dopotutto quanti dei suoi uomini hanno arti meccanici in sostituzione di quelli che hanno perso per la causa?
«Jyn, la Morte Nera è in orbita, sarò ben felice di rimpiangere più tardi di essermi alzato dal letto nonostante questa roba».
Gli sorride appena, ricordando con quanta insistenza aveva lottato giusto il giorno prima per essere accompagnata al capezzale di Cassian; sono così simili loro due, testardi e ribelli, orfani di un mondo che li ha lasciati in balia di sé stessi in tenera età, combattenti di una guerra che forse non avrà mai fine.
«Se ci ritroviamo entrambi col culo per terra, sappi che ti darò tante di quelle gomitate che pregherai di non avermi mai conosciuta».
«Impossibile».
E Jyn non sa bene cosa sia impossibile, se il fatto che possano cadere o l’idea che Cassian possa pregare di non averla mai conosciuta, ma in ogni caso nel suo petto si sprigiona una sensazione di calore che non credeva avrebbe più provato, una sensazione che solo Cassian riesce a farle provare. Così gli passa la mano dietro la schiena e lo aiuta a mettersi in piedi, cercando di fingere di non vedere la sua espressione di dolore, la smorfia che si dipinge sul suo viso. Il capitano ride e mormora:
«Sai, una volta io e Kaytoo siamo finiti in una sparatoria ed ero così messo male che Kaytoo ha dovuto portarmi alla casa sicura in braccio. In braccio. Questo a confronto non è niente».
E Jyn vorrebbe ripetergli che è quasi morto, che ha rischiato la vita, che ha perso una gamba, ma le parole di Cassian le sfiorano l’orecchio e il suo respiro è caldo sulla sua pelle e non è sicura di sapere ancora come fare a ragionare coerentemente. Improvvisamente la sua mente ritorna all’esplosione, le loro dita che si intrecciano, le braccia di Cassian sulle sue spalle, il suo profumo, il suo calore.
Sente di essere arrossita e ringrazia che Andor sia troppo occupato a cercare di rimanere in equilibrio per guardarle il volto.
«Improvvisamente la possibilità di cadere a terra non mi sembra più così assurda».
«Taci e salta» borbotta Jyn.
«Agli ordini, agli ordini».
«Cassian…».
«Dimmi».
«Dovremmo- Cioè, mi sono dimenticata di dirti che la Principessa Organa ha chiesto di te, è venuta anche a trovarti nonostante fosse impegnata con l’attacco, nonostante il suo pianeta sia stato distrutto».
«Alderaan è stato distrutto?»
«La Morte Nera».
«Bail? Bail Organa? Il senatore? L’hai conosciuto durante il congresso l’ultima volta che siamo stati qui».
«Mi dispiace, non ci sono sopravvissuti».
Cassian si ferma, appoggiandosi a un muro, il suo sguardo si perde lungo il corridoio, mentre con il pensiero ritorna a un giorno di molto anni prima in cui un’adolescente ancora troppo giovane per vivere quella realtà lo aveva preso da parte, con la fronte aggrottata e lo sguardo serio, domandandogli perché combattesse. Non c’era traccia di pregiudizio nei suoi occhi, come non ce ne sarebbe successivamente, quando, un caldo pomeriggio di un mese estivo, Leia gli aveva rivolto quelle parole che a lungo lo avevano seguito perseguitando i suoi sogni – i suoi incubi: “Sei un brav’uomo, Cassian. Un uomo d’onore. La ribellione avrebbe bisogno di più uomini come te”. E lui non aveva avuto cuore di dirle che si sbagliava, che la ribellione non aveva bisogno di assassini e di spie, ma di persone in grado di rimanere fedeli a una morale, di persone in grado di reagire all’odio dell’impero con la forza di una montagna, senza cedere, senza indietreggiare, senza venire meno ai propri valori. Forse aveva torto, ma Leia era sempre stata presente, da quando aveva quattordici anni, era come una sorella per lui e ora, ora aveva bisogno della sua presenza più che mai.
«Devo andare da Leia».
Non si accorge dei muscoli di Jyn che si irrigidiscono sotto la sua spalla, o forse li sente, ma non ne coglie la causa; dopo tutto non è mai stato troppo sveglio con le donne.
Certo, come no. Pensa la giovane, figurarsi se non c’era di mezzo una principessa. Ma in quel momento una nuova flotta di X-Wing si alza in volo e i suoi pensieri vengono momentaneamente messi da parte perché ora come ora ha altro per cui preoccuparsi.
«Prima cerchiamo di uscire di qui».
Il cielo è azzurro e limpido come raramente Cassian lo ha visto su Yavin 4, voci concitate attraversano l’aria accanto a loro, mentre piloti e tecnici si fanno largo tra le navi a terra, ferme nell’hangar, e le truppe preoccupate rivolgono lo sguardo verso il cielo. Lo sanno tutto che il loro destino è nelle mani di pochi coraggiosi, lassù nell’orbita del pianeta.
«Skywalker.  È il nome del nuovo pilota del team rosso, pare sia il ragazzo che ha riportato la vostra preziosa principessa a casa. Lui e un tizio di nome Han Solo. Dovresti vedere la sua nave, la chiama Millennium Falcon, ma più che altro è il rottame del millennio».
«Il cosa? Stai scherzando?»
«Non me lo dire. Lo conosci. Non so perché non sono nemmeno stupita».
«Quella nave ha fatto la rotta di Kessel in meno di dodici Parsec! Meno di dodici Parsec, Jyn!»
«Ottimo, hai già un nuovo amico e nemmeno lo hai ancora conosciuto, se arriviamo vivi a domani potrai chiedere alla tua Principessa di presentatelo».
Cassian sorride, osservandola con la coda dell’occhio, forse non sarà un esperto di donne, e forse non conoscerà Jyn come vorrebbe, ma qualche cosa l’ha imparata su di lei e ora non può fare a meno di sorridere nel vederla così: offesa, forse gelosa, ma sicuramente troppo impegnata a mettergli il muso per rendersi conto di stare dimostrando quanto ci tenga.
«O forse, se non crollo addormentato per la fatica di oggi, potremmo parlare…»
«Oh, giusto, dovresti parlare con il medico, Bodhi ha detto più volte che ti devono operare e non so se hai notato che hai problemi a camminare e la tua anca-»
«La mia anca e la mia gamba non sono un problema. Voglio parlare con te. Non siamo morti ancora e forse non moriremo nemmeno oggi. Non voglio sprecare tempo».
«Io non-».
Non sa cosa vorrebbe dire, o negare. Forse vorrebbe rispondergli che non ha capito, che lei a queste stronzate sentimentali nemmeno ci crede, che sono tutte cazzate e che ci sta pensando – qualunque cosa sia a cui sta pensando – solo perché non sono morti, ma Cassian le prende la mano e si lascia scivolare a terra, contro il muro esterno, osservando il cielo e Jyn non ha cuore di replicare. Si lascia andare al suo fianco, stringendo quella mano in un gesto che già conosce, che ha già vissuto, sperando che questa volta le cose vadano diversamente.
«Se non dovessimo farcela…» mormora piano.
«Lo so» risponde il capitano, girando lentamente il viso verso di lei e avvicinandosi leggermente «Lo so, Jyn. E sono qui».
Gli stringe la mano un po’ più forte e torna a osservare il cielo, sperando che questa volta non ci sia nessuna esplosione, non ci sia nessun raggio a colpire il pianeta. Sorride appena, senza guardarlo.
«Non sono abituata agli uomini che restano quando la situazione diventa difficile».
Cassian ride, e diamine se fa male, ma come fare a rimanere serio?
«Bentornata a casa» mormora piano.
Nel cielo, oltre l’azzurro e le nuvole bianche, la sagoma bianca della Morte Nera, come una seconda luna che li guarda minacciosamente dall’alto, compare e si dissolve in un’esplosione il cui boato arriva a riecheggiare persino sulla luna su cui si trovano.
«Che giorno meraviglioso per essere vivi» esclama Bodhi, alle loro spalle.
Nessuno di loro lo ha sentito arrivare, nessuno di loro vuole che se ne vada.
«Che giorno meraviglioso per essere a casa» risponde piano Jyn sorridendo ad entrambi.

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