alexiel_hamona (
alexiel_hamona) wrote2019-03-23 10:07 pm
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[varie] CoW-T - Week 6 drabble
one piece
cold skin, warm heart
100 parole
C’erano notti fredde in cui stare al suo fianco era come rimanere sdraiati al fianco di una lamiera. Robin non si era mai lamentata, ma a volte, sfiorare Franky con la mano risultava alienante, si sentiva quanto la sua superficie, ormai irrimediabilmente modificata, fosse dura e fredda. Le era capitato spesso, nel cuore della notte, di ritrovarsi a rabbrividire nello sfiorare le componenti metalliche del suo cyborg.
Poi bastava un sorriso, una parola sussurrata a mezza voce da Robin e Cutty Flam tornava a emanare calore, perché il suo cuore, quello ancora (e sempre) rimaneva umano a ricordarle quanto l'amasse.
frozen
out alone
200 parole
La notte scese ancor prima che Anna potesse rendersene conto.
Nel buio della stanza ripensò alle ultime parole che Hans le aveva rivolto prima di svanire oltre le montagna, avvolto la tempesta di neve.
«Sarò indietro prima dell'alba» aveva detto «Se non dovessi tornare prendi la gemma e fuggi a sud, oltre la valle troverai la casa del mago e lui saprà aiutarti».
Sospirò, stringendo al cuore il grosso sasso luccicante che avevano sottratto alla strega: una sensazione di calore l'avvolse.
Anna si domandò quanto doveva essere potente quell'artefatto per funzionare anche senza venire attivato.
Si domandò se davvero ne valesse la pena.
Hans avrebbe detto di sì, che sicuramente ne valeva la pena, che avevano rischiato tanto, forse tutto, per ottenerla ed era oramai troppo tardi per farsi domande.
«Certo che sei sempre sul pezzo» le avrebbe risposto se fosse stato lì.
Poi le avrebbe appoggiato una mano sui capelli rossi, scompigliandoli con affetto e avrebbe sorriso.
Ma Hans non c'era e non vi era alcuna certezza che avrebbe mai fatto ritorno.
«Spero solo» mormorò Anna a sé stessa «Di ricordare la strada».
Quindi chiuse gli occhi, sperando, nel silenzio, di sentire i suoi passi.
Hans non tornò indietro.
one Piece
una questione di soldi
200 parole
«E questo cosa sarebbe?» chiese Chopper sporgendo il muso oltre l’orlo scuro della bottiglia.
«Junmai Daiginjo» rispose Zoro, cauto. «È un tipo di sakè-»
«È UN TIPO DI SAKÈ CHE CI COSTA PIÙ DELLA TUA TAGLIA, ZORO!» sbraitò Nami all’improvviso, facendo sobbalzare tutti. «Quindi dacci un taglio!»
Zoro sospirò e fece spallucce. Estrasse da uno stipo una bottiglia di chissà cosa, e andò a bere in santa pace da un’altra parte.
«Ma è amarissimo!» si lamentò Chopper; il sakè gli aveva disintegrato i recettori del naso, e ora la renna andava lamentandosi con gli occhioni gonfi di lacrime.
«Così impari ad annusare tutto quello che ti capita sotto il naso senza prima pensare» sbottò la navigatrice.
«Smettila di prendertela con tutti!»le sbraitò Zoro dall'altra parte della nave.
Nami impiegò meno di sei secondi per raggiungerlo a grandi falcate e piazzarsi a braccia conserte di fronte a lui.
«Come prego?»
«Smettila con la sceneggiata, che qui non ci vede nessuno» ripeté Zoro, sorridendo appena. Quindi allungò la bottiglia verso la giovane «So che alla fine lo volevi provare anche tu».
La rossa afferrò la bottiglia e se la portò alle labbra.
«E comunque... visto che pago io, dovresti condividere più spesso».
originale
Rock Scannabimbi
300 parole
Rock Scannabimbi è un motociclista americano, ma non uno di quei moticiclisti moderni che girano sulle loro moto colorate da fricchettoni vestiti come hipster senza speranza. Lui è un vero duro, un motociclista vero, gira sulla sua moto nera, con il suo casco nero, ed è abituato a macinare chilometri su chilometri, e a mangiare la polvere (che comunque ha un buon sapore). Beve solo alcol etilico puro, perché la birra è per i deboli, ed ascolta solo gruppi in grado di trasmettergli emozioni forti, come i Black Sperm e i Satanist Cock.
Odia chi ha votato Trump, Clinton, Obama, Bush, e soprattutto chi ha votato Ron e Tosca a Sanremo 1996, in realtà Rock odia chiunque voti perché parlare di politica fa sempre emergere il fatto che lui non sappia leggere (nè scrivere); infatti, Rock Scannabimbi odia anche le penne, i quaderni e perfino le matite.
A onor del vero è conosciuto per odiare un sacco di cose: odia i rasoi, infatti non si rade, odia il freddo, ma anche il caldo, odia sudare, ma odia anche il Sole, per cui va sempre in giro completamente vestito di pelle con oscene tute integrali che gli coprono tutto il corpo.
Quello che nessuno sa è che Rock non ha solo un pessimo gusto in fatto di vestiario, ma anche un terribile segreto. O almeno un segreto che è terribile solo se sei un duro motociclista americano puro al cento per cento: Rock Scannabimbi non si copre per il sole, bensì per nascondere a tutti che non ha nemmeno un tatuaggio.
«Ho paura degli aghi» dice una mattina, decidendo finalmente di affrontare questa sua terribile e inenarrabile debolezza.
Quindi fa quello che ogni duro che si rispetti farebbe, accarezza Poppy, il suo durissimo volpino di pomerania, e dice: «Mi potresti accompagnare?»
frozen
before night sets
400 parole
Sfrecciò oltre la curva, lungo il rettilineo, ben oltre il limite di velocità consentito.
Non aveva alcuna importanza. E comunque non c'era nessuno in quel posto, per chilometri la strada si estendeva di fronte ai suoi occhi e per chilometri Hans era certo che nessuno avrebbe incrociato il suo cammino.
Oramai, non c'era più nessuno. Il mondo era andato avanti e la civiltà, gli uomini, tutto il resto, erano rimasti indietro, prigionieri di un passato che si era fermato e con inesorabile lentezza si era sbriciolato per trasformarsi in sabbia e deserto.
Ora non rimaneva che quello, solo il deserto.
La sua auto borbottò, emettendo un rumore che il giovane non sentiva da tempo, e Hans pregò che non si fermasse, non aveva idea se nei dintorni ci fosse qualche rifugio, ma sperava che avrebbe resistito ancora qualche decina di chilometri, finché non avesse raggiunto le rovine di Arendelle, là avrebbe potuto trascorrere la notte, al sicuro da ciò che si aggirava per quelle strade vuote dopo il tramonto.
La sua vettura sgangherata resistette miracolosamente, attraversando la strada dissestata e polverosa fino alle porte della città.
O almeno, di quella che una volta, molti anni prima, doveva essere stata una città. Ora di Arendelle non restavano che rovine, case senza tetti, un vecchio castello diroccato, edifici le cui mura erano parzialmente precipitate.
«Resta qua, vecchio mio» esclamò scendendo dall'auto e battendovi sopra una mano, con affetto.
Citròn, così aveva chiamato la macchina, una volta era stata di un colore molto scuro, forse addirittura nera, ma il tempo e le intemperie, così come la sabbia ne avevano cambiato il colore e ora appariva quasi giallastra. Di fronte a lui, il vecchio castello appariva essere, anche se diroccato, la costruzione più solida nelle vicinanze e Hans decise che era lì che avrebbe trascorso la notte.
«E tu chi diavolo saresti?»
La voce della giovane lo raggiunse di sorpresa, ancora prima che potesse realizzare di non essere solo: si domandò come fosse possibile, e nella sua testa calcolò quanto tempo gli ci sarebbe voluto per arrivare alla pistola. Quindi la vide. Una figura minuta dai capelli aranciati e lo sguardo curioso, spaventata forse, ma non intimorita dalla sua presenza. Non si sentì di biasimarla, di certo non era lui l'essere più spaventoso che abitava quelle terre.
«Mi chiamo Hans» disse sollevando le mani in segno di resa «E ho bisogno del tuo aiuto».
frozen
the raven boys
400
Le pietre disposte in fila sul bordo del camino vibrarono leggermente, l'ossidiana nera cadde a terra rompendosi in parti uguali.
Le due metà, perfettamente identiche, precipitarono sul pavimento di legno scuro, per rimbalzare ai poli opposti della stanza. Una era atterrò con violenza ai piedi della ragazza seduta sulla cassapanca di legno, i capelli rossicci legati in una treccia e un broncio sul naso coperto di lentiggini. La seconda rotolò con grazia fino a sbattere contro il mocassino lucido del giovane appena entrato.
«Mi chiamo Hans Westergaard» aveva detto, aprendo la porta «Sono qui perché so che siete cartomanti, vorrei che mi leggesse il futuro»
Elsa fissò con aria assente la pietra rotta, quindi si chinò a raccoglierla, lanciando appena un'occhiata a sua sorella. Anna non era come lei, non le interessava il futuro della gente, era più interessata ad altro, ad uscire di casa per andare incontro al suo, di futuro.
«Cosa vorresti sapere?» gli domandò.
«Sono alla ricerca di una persona, vorrei sapere se è destino che io la trovi».
Anna sbuffò, saltando in piedi e dirigendosi verso la porta.
«Destino è una parola un po' pesante da utilizzare prima di colazione» borbottò sbattendo l'uscio dietro di sé per andare a sedersi in mezzo al portico, sul dondolo bianco che si affacciava sul cortile.
Avrebbe lasciato che sua sorella facesse i tarocchi al ragazzo ricco, poi sarebbe rientrata, l'avrebbe ascoltata mentre la sgridava per i suoi modi poco eleganti, quindi sarebbe andata a lavoro. Lontana da tutta quella magia che non poteva vedere, che non era in grado di incanalare: ovviamente era l'unica in tutta la casa a non riuscire, nemmeno per sbaglio, a usare la magia. In compenso le predizioni su di lei sembravano essere all'ordine del giorno, senza contare il grande classico che in famiglia non mancavano mai di ricordale. Anna aveva perso il conto di quante volte le avessero detto che avrebbe ucciso il suo vero amore con un bacio.
«Quante scempiaggini» borbottò dondolandosi avanti e indietro «E comunque non è nemmeno detto che sia vero. Non siamo mica tutti con i ragazzini ricchi di Aglionby che credono a ogni cosa che venga loro detta».
«Ma tu sei cresciuta in questa casa e ci credi, più di quanto non voglia ammetterlo» sua cugina si affacciò dalla finestra della cucina, sorridendo appena.
«Se così fosse, sarebbe un futuro molto triste».
«Oh Anna, e tu cambialo, no?»
frozen
a comeback preparation
500 parole
La terrà vibrò sotto i suoi piedi e Hans dovette aggrapparsi alla parete di roccia con tutte le sue forze per non precipitare nel baratro che si apriva sotto di lui. Dalla cima della montagna, là dove una fitta coltre di neve ricopriva ogni cosa, precipitarono spessi massi di pietra scura, schivando di poco il malcapitato che strinse i denti e trattenne a stento un’imprecazione.
Una folata di vento gli scompigliò i capelli, mentre a fatica riprese a procedere, stando ben attento a non distaccarsi troppo dalla parete di roccia. Era certo di essere quasi arrivato e, quando finalmente raggiunse l’entrata, nemmeno se ne accorse bensì vi ruzzolò dentro, sfondando il leggero strato di neve che celava l'ingresso allo sguardo.
La grotta era avvolta nella penombra; aguzzò la vista e con fatica riuscì a individuare lo stretto sentiero che scendeva verso il basso. Vi si avvicinò a tentoni finché il suo stivale non riconobbe la superficie levigata di un gradino, appoggiò una mano guantata contro il muro e dopo un paio di tentativi trovò quello che stava cercando: nascosto in una nicchia nel muro si trovava un bastone di legno avvolta da pesanti garze. Dopo soli due tentativi la torcia si accese. Il sentiero che scendeva verso il basso si illuminò a sua volta, rivelando una serie di scritte lungo le pareti; si trattava di un’antica sequenza magica vergata in antiche rune, forse dei troll, forse dei nani, Hans non avrebbe saputo interpretarle, ma era sicuro che la loro presenza non potesse che essere segno che la strada da percorrere era quella.
«Manca poco» ripeté a sé stesso.
La discesa era più ripida di quanto non si aspettasse, ma continuò a procedere, ignorando le folate di vento gelido che lo investivano ad ogni curva, fingendo di non sentire il lamento racchiuso in quegli spifferi insistenti, come un monito.
Entrò nella stanza e si lasciò scappare un fischio sommesso. Rimase incantato per qualche minuto a osservare le imponenti pareti scolpite nella pietra, l'immenso colonnato che si apriva davanti ai suoi occhi doveva avere almeno duemila anni, eppure sembrava fosse stato costruito solo il giorno prima. Antica edilizia nanica, più avanzata di qualsiasi cosa che gli umani potessero costruire o inventare. Era un peccato, pensò Hans, che la magia stesse scomparendo dal mondo.
«Eccoti» sussurrò quindi, avvicinandosi all'altare dorato situato nel centro della stanza «Sapessi quanto ti ho cercato».
Appoggiò la torcia a terra e con un gesto deciso afferrò la spada deposta sull'altare. Non accadde niente.
Hans scoppiò a ridere.
«Tutta questa strada e non funziona».
Aveva appena finito di dirlo quando un luccichio non lontano attirò la sua attenzione; deposto in terra, forse caduto a qualcuno durante una fuga, si trovava un piccolo libro scritto a mano. Le rune erano antiche, ma appartenevano a un’antica lingua usata dagli uomini della regione e Hans ricordava di averla studiata anni prima, sulla copertina, vergati in oro, i caratteri riportavano "Magia delle Terre del Nord".
Hans sorrise, forse, non era stato tutto inutile.
cold skin, warm heart
100 parole
C’erano notti fredde in cui stare al suo fianco era come rimanere sdraiati al fianco di una lamiera. Robin non si era mai lamentata, ma a volte, sfiorare Franky con la mano risultava alienante, si sentiva quanto la sua superficie, ormai irrimediabilmente modificata, fosse dura e fredda. Le era capitato spesso, nel cuore della notte, di ritrovarsi a rabbrividire nello sfiorare le componenti metalliche del suo cyborg.
Poi bastava un sorriso, una parola sussurrata a mezza voce da Robin e Cutty Flam tornava a emanare calore, perché il suo cuore, quello ancora (e sempre) rimaneva umano a ricordarle quanto l'amasse.
frozen
out alone
200 parole
La notte scese ancor prima che Anna potesse rendersene conto.
Nel buio della stanza ripensò alle ultime parole che Hans le aveva rivolto prima di svanire oltre le montagna, avvolto la tempesta di neve.
«Sarò indietro prima dell'alba» aveva detto «Se non dovessi tornare prendi la gemma e fuggi a sud, oltre la valle troverai la casa del mago e lui saprà aiutarti».
Sospirò, stringendo al cuore il grosso sasso luccicante che avevano sottratto alla strega: una sensazione di calore l'avvolse.
Anna si domandò quanto doveva essere potente quell'artefatto per funzionare anche senza venire attivato.
Si domandò se davvero ne valesse la pena.
Hans avrebbe detto di sì, che sicuramente ne valeva la pena, che avevano rischiato tanto, forse tutto, per ottenerla ed era oramai troppo tardi per farsi domande.
«Certo che sei sempre sul pezzo» le avrebbe risposto se fosse stato lì.
Poi le avrebbe appoggiato una mano sui capelli rossi, scompigliandoli con affetto e avrebbe sorriso.
Ma Hans non c'era e non vi era alcuna certezza che avrebbe mai fatto ritorno.
«Spero solo» mormorò Anna a sé stessa «Di ricordare la strada».
Quindi chiuse gli occhi, sperando, nel silenzio, di sentire i suoi passi.
Hans non tornò indietro.
one Piece
una questione di soldi
200 parole
«E questo cosa sarebbe?» chiese Chopper sporgendo il muso oltre l’orlo scuro della bottiglia.
«Junmai Daiginjo» rispose Zoro, cauto. «È un tipo di sakè-»
«È UN TIPO DI SAKÈ CHE CI COSTA PIÙ DELLA TUA TAGLIA, ZORO!» sbraitò Nami all’improvviso, facendo sobbalzare tutti. «Quindi dacci un taglio!»
Zoro sospirò e fece spallucce. Estrasse da uno stipo una bottiglia di chissà cosa, e andò a bere in santa pace da un’altra parte.
«Ma è amarissimo!» si lamentò Chopper; il sakè gli aveva disintegrato i recettori del naso, e ora la renna andava lamentandosi con gli occhioni gonfi di lacrime.
«Così impari ad annusare tutto quello che ti capita sotto il naso senza prima pensare» sbottò la navigatrice.
«Smettila di prendertela con tutti!»le sbraitò Zoro dall'altra parte della nave.
Nami impiegò meno di sei secondi per raggiungerlo a grandi falcate e piazzarsi a braccia conserte di fronte a lui.
«Come prego?»
«Smettila con la sceneggiata, che qui non ci vede nessuno» ripeté Zoro, sorridendo appena. Quindi allungò la bottiglia verso la giovane «So che alla fine lo volevi provare anche tu».
La rossa afferrò la bottiglia e se la portò alle labbra.
«E comunque... visto che pago io, dovresti condividere più spesso».
originale
Rock Scannabimbi
300 parole
Rock Scannabimbi è un motociclista americano, ma non uno di quei moticiclisti moderni che girano sulle loro moto colorate da fricchettoni vestiti come hipster senza speranza. Lui è un vero duro, un motociclista vero, gira sulla sua moto nera, con il suo casco nero, ed è abituato a macinare chilometri su chilometri, e a mangiare la polvere (che comunque ha un buon sapore). Beve solo alcol etilico puro, perché la birra è per i deboli, ed ascolta solo gruppi in grado di trasmettergli emozioni forti, come i Black Sperm e i Satanist Cock.
Odia chi ha votato Trump, Clinton, Obama, Bush, e soprattutto chi ha votato Ron e Tosca a Sanremo 1996, in realtà Rock odia chiunque voti perché parlare di politica fa sempre emergere il fatto che lui non sappia leggere (nè scrivere); infatti, Rock Scannabimbi odia anche le penne, i quaderni e perfino le matite.
A onor del vero è conosciuto per odiare un sacco di cose: odia i rasoi, infatti non si rade, odia il freddo, ma anche il caldo, odia sudare, ma odia anche il Sole, per cui va sempre in giro completamente vestito di pelle con oscene tute integrali che gli coprono tutto il corpo.
Quello che nessuno sa è che Rock non ha solo un pessimo gusto in fatto di vestiario, ma anche un terribile segreto. O almeno un segreto che è terribile solo se sei un duro motociclista americano puro al cento per cento: Rock Scannabimbi non si copre per il sole, bensì per nascondere a tutti che non ha nemmeno un tatuaggio.
«Ho paura degli aghi» dice una mattina, decidendo finalmente di affrontare questa sua terribile e inenarrabile debolezza.
Quindi fa quello che ogni duro che si rispetti farebbe, accarezza Poppy, il suo durissimo volpino di pomerania, e dice: «Mi potresti accompagnare?»
frozen
before night sets
400 parole
Sfrecciò oltre la curva, lungo il rettilineo, ben oltre il limite di velocità consentito.
Non aveva alcuna importanza. E comunque non c'era nessuno in quel posto, per chilometri la strada si estendeva di fronte ai suoi occhi e per chilometri Hans era certo che nessuno avrebbe incrociato il suo cammino.
Oramai, non c'era più nessuno. Il mondo era andato avanti e la civiltà, gli uomini, tutto il resto, erano rimasti indietro, prigionieri di un passato che si era fermato e con inesorabile lentezza si era sbriciolato per trasformarsi in sabbia e deserto.
Ora non rimaneva che quello, solo il deserto.
La sua auto borbottò, emettendo un rumore che il giovane non sentiva da tempo, e Hans pregò che non si fermasse, non aveva idea se nei dintorni ci fosse qualche rifugio, ma sperava che avrebbe resistito ancora qualche decina di chilometri, finché non avesse raggiunto le rovine di Arendelle, là avrebbe potuto trascorrere la notte, al sicuro da ciò che si aggirava per quelle strade vuote dopo il tramonto.
La sua vettura sgangherata resistette miracolosamente, attraversando la strada dissestata e polverosa fino alle porte della città.
O almeno, di quella che una volta, molti anni prima, doveva essere stata una città. Ora di Arendelle non restavano che rovine, case senza tetti, un vecchio castello diroccato, edifici le cui mura erano parzialmente precipitate.
«Resta qua, vecchio mio» esclamò scendendo dall'auto e battendovi sopra una mano, con affetto.
Citròn, così aveva chiamato la macchina, una volta era stata di un colore molto scuro, forse addirittura nera, ma il tempo e le intemperie, così come la sabbia ne avevano cambiato il colore e ora appariva quasi giallastra. Di fronte a lui, il vecchio castello appariva essere, anche se diroccato, la costruzione più solida nelle vicinanze e Hans decise che era lì che avrebbe trascorso la notte.
«E tu chi diavolo saresti?»
La voce della giovane lo raggiunse di sorpresa, ancora prima che potesse realizzare di non essere solo: si domandò come fosse possibile, e nella sua testa calcolò quanto tempo gli ci sarebbe voluto per arrivare alla pistola. Quindi la vide. Una figura minuta dai capelli aranciati e lo sguardo curioso, spaventata forse, ma non intimorita dalla sua presenza. Non si sentì di biasimarla, di certo non era lui l'essere più spaventoso che abitava quelle terre.
«Mi chiamo Hans» disse sollevando le mani in segno di resa «E ho bisogno del tuo aiuto».
frozen
the raven boys
400
Le pietre disposte in fila sul bordo del camino vibrarono leggermente, l'ossidiana nera cadde a terra rompendosi in parti uguali.
Le due metà, perfettamente identiche, precipitarono sul pavimento di legno scuro, per rimbalzare ai poli opposti della stanza. Una era atterrò con violenza ai piedi della ragazza seduta sulla cassapanca di legno, i capelli rossicci legati in una treccia e un broncio sul naso coperto di lentiggini. La seconda rotolò con grazia fino a sbattere contro il mocassino lucido del giovane appena entrato.
«Mi chiamo Hans Westergaard» aveva detto, aprendo la porta «Sono qui perché so che siete cartomanti, vorrei che mi leggesse il futuro»
Elsa fissò con aria assente la pietra rotta, quindi si chinò a raccoglierla, lanciando appena un'occhiata a sua sorella. Anna non era come lei, non le interessava il futuro della gente, era più interessata ad altro, ad uscire di casa per andare incontro al suo, di futuro.
«Cosa vorresti sapere?» gli domandò.
«Sono alla ricerca di una persona, vorrei sapere se è destino che io la trovi».
Anna sbuffò, saltando in piedi e dirigendosi verso la porta.
«Destino è una parola un po' pesante da utilizzare prima di colazione» borbottò sbattendo l'uscio dietro di sé per andare a sedersi in mezzo al portico, sul dondolo bianco che si affacciava sul cortile.
Avrebbe lasciato che sua sorella facesse i tarocchi al ragazzo ricco, poi sarebbe rientrata, l'avrebbe ascoltata mentre la sgridava per i suoi modi poco eleganti, quindi sarebbe andata a lavoro. Lontana da tutta quella magia che non poteva vedere, che non era in grado di incanalare: ovviamente era l'unica in tutta la casa a non riuscire, nemmeno per sbaglio, a usare la magia. In compenso le predizioni su di lei sembravano essere all'ordine del giorno, senza contare il grande classico che in famiglia non mancavano mai di ricordale. Anna aveva perso il conto di quante volte le avessero detto che avrebbe ucciso il suo vero amore con un bacio.
«Quante scempiaggini» borbottò dondolandosi avanti e indietro «E comunque non è nemmeno detto che sia vero. Non siamo mica tutti con i ragazzini ricchi di Aglionby che credono a ogni cosa che venga loro detta».
«Ma tu sei cresciuta in questa casa e ci credi, più di quanto non voglia ammetterlo» sua cugina si affacciò dalla finestra della cucina, sorridendo appena.
«Se così fosse, sarebbe un futuro molto triste».
«Oh Anna, e tu cambialo, no?»
frozen
a comeback preparation
500 parole
La terrà vibrò sotto i suoi piedi e Hans dovette aggrapparsi alla parete di roccia con tutte le sue forze per non precipitare nel baratro che si apriva sotto di lui. Dalla cima della montagna, là dove una fitta coltre di neve ricopriva ogni cosa, precipitarono spessi massi di pietra scura, schivando di poco il malcapitato che strinse i denti e trattenne a stento un’imprecazione.
Una folata di vento gli scompigliò i capelli, mentre a fatica riprese a procedere, stando ben attento a non distaccarsi troppo dalla parete di roccia. Era certo di essere quasi arrivato e, quando finalmente raggiunse l’entrata, nemmeno se ne accorse bensì vi ruzzolò dentro, sfondando il leggero strato di neve che celava l'ingresso allo sguardo.
La grotta era avvolta nella penombra; aguzzò la vista e con fatica riuscì a individuare lo stretto sentiero che scendeva verso il basso. Vi si avvicinò a tentoni finché il suo stivale non riconobbe la superficie levigata di un gradino, appoggiò una mano guantata contro il muro e dopo un paio di tentativi trovò quello che stava cercando: nascosto in una nicchia nel muro si trovava un bastone di legno avvolta da pesanti garze. Dopo soli due tentativi la torcia si accese. Il sentiero che scendeva verso il basso si illuminò a sua volta, rivelando una serie di scritte lungo le pareti; si trattava di un’antica sequenza magica vergata in antiche rune, forse dei troll, forse dei nani, Hans non avrebbe saputo interpretarle, ma era sicuro che la loro presenza non potesse che essere segno che la strada da percorrere era quella.
«Manca poco» ripeté a sé stesso.
La discesa era più ripida di quanto non si aspettasse, ma continuò a procedere, ignorando le folate di vento gelido che lo investivano ad ogni curva, fingendo di non sentire il lamento racchiuso in quegli spifferi insistenti, come un monito.
Entrò nella stanza e si lasciò scappare un fischio sommesso. Rimase incantato per qualche minuto a osservare le imponenti pareti scolpite nella pietra, l'immenso colonnato che si apriva davanti ai suoi occhi doveva avere almeno duemila anni, eppure sembrava fosse stato costruito solo il giorno prima. Antica edilizia nanica, più avanzata di qualsiasi cosa che gli umani potessero costruire o inventare. Era un peccato, pensò Hans, che la magia stesse scomparendo dal mondo.
«Eccoti» sussurrò quindi, avvicinandosi all'altare dorato situato nel centro della stanza «Sapessi quanto ti ho cercato».
Appoggiò la torcia a terra e con un gesto deciso afferrò la spada deposta sull'altare. Non accadde niente.
Hans scoppiò a ridere.
«Tutta questa strada e non funziona».
Aveva appena finito di dirlo quando un luccichio non lontano attirò la sua attenzione; deposto in terra, forse caduto a qualcuno durante una fuga, si trovava un piccolo libro scritto a mano. Le rune erano antiche, ma appartenevano a un’antica lingua usata dagli uomini della regione e Hans ricordava di averla studiata anni prima, sulla copertina, vergati in oro, i caratteri riportavano "Magia delle Terre del Nord".
Hans sorrise, forse, non era stato tutto inutile.